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INTERVISTA A PAOLO BURAN - 22 NOVEMBRE 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali figure di riferimento nell'ambito di questo percorso?


Voglio premettere che la mia storia è quella di un attore di secondo piano che uno ha persino pudore a raccontare, per il suo carattere personale e privato, oltreché per il suo esito poco brillante. Si tratta inoltre di un'esperienza essenzialmente intellettuale, di studio e riflessione, anche se per un lungo periodo mi sono illuso di poter contribuire ad una certa evoluzione politica. Infine, credo che si tratti di una vicenda molto poco rappresentativa. Detto ciò, vi posso raccontare la mia esperienza personale, se questo può servire alla vostra riflessione.
Io sono di Biella: ho fatto il liceo lì, ho cominciato a fare politica, come tutti i giovani di allora, nell'ambito del movimento studentesco nelle scuole medie. Prima dello scoppio del movimento studentesco, quindi fino al '67, benché venissi da una famiglia di sinistra, avevo una posizione politica - diciamo - "progressista", e una forte opzione per il realismo politico: avevo letto fin da adolescente Machiavelli, Hobbes, Hegel. Ricordo questo particolare perché è uno dei motivi che, quando poi ho fatto una scelta politica di sinistra, mi hanno orientato su posizioni, diciamo così, del filone trontiano e marxiano, mi sembrava corrispondere a questa idea di individuare delle forze reali nei processi in atto che potevano sostenere e far marciare un'ipotesi di sinistra, o - come allora pensavamo o speravamo - un'ipotesi rivoluzionaria. Un'altra motivazione dell'adesione alle posizioni operaiste sta nel fatto che nel biellese c'era un gruppo operaista piuttosto forte: non la federazione comunista, ma la federazione giovanile e una parte dei funzionari più giovani erano trontiani, cioè si riconosceva nell'analisi e nell'esperienza di Classe Operaia degli anni '60. Nel 1969 sono venuto all'università a Torino, e sono entrato in contatto con Romolo Gobbi, che aveva rapporti politici con i biellesi. Con Romolo c'è stato un lavoro di riflessione e di studio durato parecchi anni: non abbiamo praticamente mai fatto intervento politico diretto, Gobbi aveva smesso di fare intervento di fabbrica. Abbiamo sempre guardato al PCI o al sindacato, con l'idea che il PCI prima o poi sarebbe stato travolto dalla sua sclerotizzazione interna e quindi passibile di svolta in senso operaistico; per quanto mi riguarda, questa ipotesi è poi continuata in forma meno radicale fin negli anni '80, come prospettiva di forte modernizzazione della cultura economica e politica del partito. Quando ho conosciuto Alquati nel '74 anche lui era abbastanza orientato in questa direzione, direi fino al '76-'77.
Quindi, la mia è stata un'esperienza di tipo intellettuale: ho partecipato ad una serie di inchieste operaie o di analisi economiche fatte da gruppi di studio universitari, alcune nel biellese, poi alla Fiat con Gobbi e poi con Alquati in un lavoro sul movimento sindacale a metà degli anni '70 presso l'Istituto di Scienze Politiche. Quando abbiamo fatto questa ricerca sul sindacato curiosamente Alquati era molto attento alle dinamiche amministrative, era il momento in cui sembrava che le Regioni potessero dare ancora qualcosa, mentre le sinistre vinsero le elezioni comunali a Torino e si formò la giunta Novelli. Dal punto di vista politico la cosa ha avuto pochissimo successo. Secondo me anticipava in una certa misura l'interesse scientifico che oggi c'è per il territorio - e per il "locale" sotto il profilo economico, culturale ecc.; mentre invece dal punto di vista sia delle dinamiche politiche (soggettività, aggregazione territoriale delle forze in campo), ex post direi che era un'ipotesi che non ha marciato.


Tu hai partecipato con il gruppo di Biella all'ultima fase di Classe Operaia?

Ho cominciato a occuparmi di politica subito dopo la fine della fase Classe Operaia, che è durata fino al '67. Mi ero iscritto alla FGCI alla fine del '68, avevo fatto il movimento studentesco a Biella, dove abbiamo avuto come maestro di politica uno studente universitario del PSIUP che sarebbe poi entrato nel gruppo di Romano, Eugenio Delpiano: un giovane di grande intelligenza e costanza, che ha contribuito a formare politicamente molti studenti della mia generazione e a suscitare quel poco di movimento che c'è stato nelle scuole biellesi. Invece, le inchieste operaie a Biella abbiamo cominciato a farle nel '69, l'università ho iniziato a farla nello stesso anno, al tempo dell'autunno caldo. C'erano incontri settimanali di lettura delle opere di Marx, nel biellese, a Novara e a Torino (questi ultimi con Gobbi): erano veramente delle scuole politiche organizzate su base volontaria, e secondo me sono state un'enorme esperienza di apprendimento e di riflessione. Una cosa che già alcuni anni dopo non poteva più funzionare: ma per dire qual era il clima, allora io mi ero iscritto a Matematica e sul tavolo avevo le due pile di libri: quelli di analisi matematica, che studiavo con poco interesse per seguire i corsi, e a fianco "Il capitale" o le riviste politiche che leggevo avidamente per capire cosa succedeva nel mondo.

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