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(pag. 12)
INTERVISTA A GUIDO BORIO - 27 OTTOBRE 2001


Per questo in me c'è stata sempre l'attenzione a quello che era il dibattito teorico e politico dell'operaismo. In questo, come ho detto, sono stato indirizzato: mio fratello Battista, poi Guido Viale, Mario Dalmaviva ecc. E' molto importante il nodo degli incontri, del contesto, degli indirizzi per la formazione di un militante politico, anzi io credo che siano, in un certo modo, essenziali all'origine. In seguito la maturazione porta a fare scelte, a confermare o ad allontanarsi dalle premesse formative, ma non credo sia possibile crescere molto solo singolarmente o isolati da una dimensione politica e sociale precisa e data. Questa origine poi te la porti dietro come un bagaglio genetico, ti caratterizza in certe particolari specificità, d'impostazione mentale, di retroterra culturale, ti limita o ti potenzia la prospettiva in cui ti troverai e ti muoverai. Col tempo altre esperienze si sovrappongono e condizionano nuovamente e anche profondamente la soggettività degli individui, ma alcuni tratti della formazione iniziale, in genere, permangono indelebili. Sono sempre stato convinto che le esperienze siano fondamentali, e quindi queste vanno selezionate e portate avanti con scelte consapevoli, scelte di adesione e allo stesso tempo di partecipazione alla costruzione di un progetto. La crescita politica e il regresso o il cambiamento di direzione sono direttamente connessi con dimensioni individuali e dimensioni collettive. Il dove ci si colloca è fondamentale. Ci sono alcune posizioni che danno una potenza grandissima alla proposta e al progetto perseguito.
Il confronto con il contesto e nell'ambito politico in cui si sceglie di stare ha una valenza formativa primaria. Il relazionarsi, individualmente e collettivamente, al contesto permette un su e giù continuo di elaborazioni e di sintesi che potenziano l'agire e che contribuiscono a indicare come va radicata la progettualità. La partecipazione a un ambito politico, sia esso formale o informale, permette di far sì che si possa esprimere una dimensione teorica non separata, ma anzi finalizzata all'agire politico. Certo ci sono differenti livelli di realtà, e a questi devono corrispondere altrettante dimensioni di militanza e di elaborazione teorica. Queste differenti collocazioni devono essere legate e unite: la progettualità consiste anche nel mettere in relazione queste differenze e nel condurle a continui momenti di sintesi.
A partire dal '74 ho incominciato anche a frequentare alcuni ambiti nazionali, andavo a Milano a seguire le assemblee autonome poi vennero a cercarmi Miliucci e altri compagni romani e incominciammo a seguire i comitati autonomi operai di Roma. Dal '73 presi alcuni contatti con dei veneti delle assemblee autonome e poi nel '75 con i compagni dei collettivi politici veneti: Marongiu, Sturaro, Despali e altri. A Milano entrai in rapporto con Pancino, Mancini, Fabrizio, Mainardi e altri a Napoli e nel sud. Sempre in quegli anni a Torino si costituì una redazione che faceva inchiesta e ricerca sulle lotte in Fiat, nel sociale e sulla nuova composizione dei giovani e degli studenti e poi stilava cronache e osservazioni sulle lotte. Questi articoli venivano poi stampati sulla rivista Rosso e in altre pubblicazioni. All'inizio mio fratello era la figura trainante, poi il tutto assunse una dimensione un po' più estesa e collettiva.
Devo dire però che, come già prima era stato per Potere Operaio, poi anche per l'autonomia a Torino queste esperienze non assunsero mai una dimensione così vasta come avvenne a Roma, nel Veneto o con caratteristiche differenti in Lombardia e a Milano. Nonostante le sostanziali analogie, c'erano molte differenze tra le diverse situazioni territoriali e regionali: come composizione e attivazione dei settori sociali che erano coinvolti o esprimevano le lotte; come diversità del modo di emergere, di radicarsi e di tenuta della conflittualità; come percorsi di costruzione e di espressione del quadro militante e quindi degli specifici aspetti organizzativi o di autorganizzazione, delle influenze e delle caratterizzazioni delle forme di partecipazione e militanza. Andrebbe fatta una ricerca approfondita su queste peculiarità locali, non tanto con scopi storiografici, quanto per acquisire elementi per una riflessione politica sulle ricchezze e sui limiti effettivi di queste esperienze e di quei conflitti.
La qualità di questa presenza era però significativa, c'era anche una specificità della situazione torinese: le forme di espressione del conflitto operaio e sociale erano abbastanza particolari. Si davano forti esplosioni di lotta con una partecipazione di massa estesa e poco controllabile che poi rifluivano, in un muoversi sotterraneo delle tensioni e delle forme d'insubordinazione.

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