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INTERVISTA A ROMANO ALQUATI - DICEMBRE 2000
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Qual é la tua estrazione sociale e qual è stata la tua prima formazione?


Contrariamente a quel che tutti credevano e credono io non sono affatto d'estrazione proletaria, ma medio-borghese, forse più aristocratica che borghese. Mio padre nel '45, quando lo vidi l'ultima volta, era un generale (aveva ricevuto anche un'onorificenza speciale - "nastro azzurro"? - perché era il più giovane generale italiano: quarant'anni). Anche suo padre era morto generale; e pure i suoi due fratelli minori sono diventati generali della Nato. La mia nonna paterna era di una nobile famiglia napoletana, con qualche zio ministro. Mia madre invece veniva da una ricca famiglia di agrari cremonesi, ed aveva avuto la tradizionale educazione di collegio delle signorine aristocratiche, cosicché quando poi si ritrovò ancor giovane vedova e senza reddito non sapeva fare nulla... Mio nonno materno fu uno dei primi imprenditori agricoli padani ed impiantò varie cascine "moderne" nei dintorni di Cremona, assicurando l'avvenire ai suoi dieci fratelli, che come ringraziamento gli voltarono subito la schiena. Era democratico\liberale e piuttosto antifascista. Poi fu derubato di tutto da un notaio e si trovò a sua volta in estrema miseria: ma rimase una persona colta, di grande dignità e fascino. Morì all'ospizio dei poveri. Mi fece capire molte cose! Quando nel '45 mio padre scomparve, disperso, forse ucciso dai partigiani, la mia famiglia crollò presto nella miseria più nera e a lungo non ricevette aiuti da alcuno.
Mio padre ebbe una storia molto avventurosa e "diversa" e delegò molto a me fin dalla mia prima infanzia, investì moltissimo in me per certi suoi sogni, e mia madre era abbastanza concorde con lui. Per cominciare non gli bastava ripetermi che mi aspettava l'Accademia militare di Livorno, perché era la più rigida, ma che già a 14 anni sarei entrato nel collegio militare. In vero era una persona ambivalente. Si fidava di me e fin da bambino mi lasciò sempre incredibilmente libero. Mia madre pure, ma con una certa apprensione... Questo futuro generale pieno di ferite, di medaglie e di promozioni sul campo a 15 anni aveva lasciato la scuola senza diplomarsi per fuggire a Fiume con D'Annunzio al quale rimase legato, poi fu fascista di sinistra, in dissenso antiborghese con lo stesso Farinacci; nel '26 subì un processo politico e rischiò la pelle, e dovette espiare, con la carriera militare, e fu volontario in tutte le guerre del suo tempo. Quando nel '45 scomparve avevo dieci anni. Io nacqui e crebbi in caserma, da una caserma all'altra; ma in Croazia e Slovenia; così prima lì e poi nello sfollamento nella campagna cremonese e alle elementari cominciai a legarmi ad amici di condizione proletaria-contadina, per la loro schiettezza, lealtà e generosità e capacità di cavarsela da sé e di fare molte cose (ma non erano certo tutti così, non generalizzo). Anche perché mia madre mi trasmise subito qualcosa d'avverso ai formalismi ed alle esteriorità, cominciai presto a non sopportare l'ipocrisia delle famiglie degli ufficiali, e poi di certi funzionari statali. Giunsi a Cremona dalla Slovenia nella primavera del '43. Il crollo economico e sociale della mia famiglia e la sua espulsione dal suo ceto d'origine nel '45 (credo che non abbiano mai perdonato il precedente idealismo anticonformista dei miei genitori, di marca aristocratico\cavalleresca, con santi, eremiti ed eroici cavalieri dell'ideale e grandi artisti e geni, tutti strettamente italici), favorì una certa lumpen-proletarizzazione graduale di tutti noi, che sotto restavamo abbastanza aristocratici. Altra ambivalenza. Abbiamo vissuto anni di vera fame, in cui anch'io fui personalmente travolto e semidistrutto, umiliato ed offeso, emarginato e molto risentito (e passai pure per un vero e proprio durissimo e dolorosissimo ed ingiusto naufragio scolastico alla terza media), vittima di altra ingiustizia; ma sempre con una certa fierezza nella memoria di mio padre e dei miei nonni. Ripeto, questo tracollo fu sentito presto da me come qualcosa di ambivalente: una grande tragedia quotidiana, ma anche un'ulteriore liberazione!

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