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DESCRIPTION:RIFLESSIONI IN VISTA DELLA MANIFESTAZIONE \nDEL 29 OTTOBRE A SA
SSARI\nContro il carcere e la società che lo rende necessario\nIl 5 maggio
2022 il compagno anarchico Alfredo Cospito è stato trasferito nel carcere
di Bancali in Sardegna e rinchiuso nel regime di 41 bis. Il 6 luglio la C
assazione ha condannato nel processo “Scripta manent” Anna\, Alfredo e Nic
ola per il reato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (ar
ticolo 270-bis c.p.). Inoltre\, la Corte ha accolto la richiesta di riqual
ificare l’accusa verso Alfredo e Anna\, dal reato di strage semplice al re
ato di strage politica (articolo 285 c.p.) – che prevede come pena l’ergas
tolo – in relazione ad un attentato esplosivo alla scuola allievi carabini
eri di Fossano che ha provocato danni materiali alla struttura\, senza con
seguenze lesive.\nSempre a luglio Juan Sorroche\, un altro compagno anarch
ico\, è stato condannato in primo grado a 28 anni di reclusione per il rea
to di attentato con finalità di terrorismo (articolo 280 c.p.) per due ord
igni\, di cui uno inesploso\, che danneggiarono il portone della sede dell
a Lega Nord di Villorba (TV) nell’estate 2018.\nQueste sentenze segnano un
punto di svolta importante nella repressione da parte dello Stato italian
o\, non solo nei confronti del movimento anarchico\, ma più in generale ve
rso chiunque provi a lottare e a ribellarsi. Non è un caso che questo inas
prirsi delle condanne e delle condizioni detentive per i prigionieri anarc
hici e le prigioniere anarchiche arrivi in un periodo di forte repressione
che colpisce tutte le soggettività e gruppi che incrinano la pacificazion
e sociale perseguita dallo Stato.\nNello stato di emergenza perenne che or
mai è diventato normalità\, qualsiasi protesta verso le imposizioni dello
Stato è marchiata come minaccia verso la società intera\; se poi dalla pro
testa si passa all’azione concreta\, l’accusa verso chi agisce deve essere
esemplare. Ne sono un esempio i diversi tentativi di contestazione di rea
ti associativi susseguitisi negli ultimi anni\, ad esempio contro la lotta
NO TAV\, contro la presenza militare in Sardegna e più di recente contro
i sindacati di base impegnati nella lotta dei lavoratori nel settore della
logistica.\nL’inasprirsi delle pene è rivolto verso tutte quelle azioni c
he mettono in crisi la pacificazione funzionale a Stato e capitale. Basti
pensare alla riesumazione del reato di devastazione e saccheggio (che prev
ede fino a 15 anni di reclusione) nell’ambito di cortei\, a carico degli u
ltras e dei reclusi/e in carceri o CPR. Oppure pensiamo all’aggravamento d
ella pena prevista per il reato di “blocco stradale” (pratica da sempre ap
partenente ai più svariati ambiti di lotta) che oggi prevede sino a 12 ann
i di reclusione.\nSotto attacco non ci sono solo le azioni\, ma anche le i
dee. Diversi\, ad esempio\, sono i musicisti che di recente si sono trovat
i accusati di istigazione a delinquere e vilipendio\, semplicemente per il
contenuto dei loro testi inneggianti all’ostilità contro le forze dell’or
dine\, i militari o le autorità più in generale. In ambito anarchico invec
e\, sempre più spesso\, il reato di istigazione a delinquere viene affianc
ato dall’aggravante di terrorismo ed utilizzato per costruire ipotesi asso
ciative. Si pensi alle pubblicazioni messe sotto accusa per aver sostenuto
la necessità della violenza rivoluzionaria e per aver dato voce al contri
buto alla lotta che Alfredo non ha mai smesso di portare\, anche da dietro
le sbarre delle sezioni di alta sicurezza. Proprio per questo motivo si è
visto trasferire a maggio 2022 in 41-bis a Bancali\, regime che prevede i
l blocco pressoché totale della corrispondenza.\nEvidentemente le idee di
Alfredo sono scomode perché\, coerentemente all’azione che nel 2012 lo ha
portato in carcere – la gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansa
ldo Nucleare – spiegano con semplicità lo slancio etico che sta dietro all
’agire. Questa azione riconosce chiaramente come dietro allo sfruttamento
della terra e dei popoli\, non ci sono solo dei nomi di multinazionali o d
i società per azioni ma uomini e donne che ogni giorno prendono decisioni
che rendono l’esistenza sempre più invivibile alla maggior parte della pop
olazione mondiale.\nIn una società neoliberale come quella in cui viviamo
è sempre più evidente che le condizioni di salute e benessere sono garanti
te a una ristretta fascia di popolazione\, mentre per la restante parte lo
sfruttamento lavorativo\, l’insicurezza abitativa e relazionale\, il male
ssere fisico e psicologico sono la quotidianità. In questo contesto il car
cere si configura come un “ghetto sociale” in cui vengono rinchiuse le per
sone che per scelta\, o semplicemente per necessità\, si trovano a non ris
pettare le leggi dello Stato e che non posseggono le risorse economiche pe
r pagarsi una difesa né tanto meno la copertura delle istituzioni concessa
a chi ricopre posizioni di potere. É interessante notare come più della m
età delle persone recluse abbia una condanna per reati legati alla legge s
ugli stupefacenti o contro la proprietà (furto\, rapina)\, che il 15% dei
carcerati sia classificato come tossicodipendente e che oltre il 30% non a
bbia la cittadinanza italiana. La funzione riabilitativa del carcere riman
e una dichiarazione della propaganda di Stato per rendere più accettabile
una situazione che di riabilitativo non ha nulla. Come può essere riabilit
ativo un luogo dove si vive in 3 metri quadrati di cella\, dove l’assisten
za medica è garantita solo quando si tratta di psicofarmaci\, dove si muor
e per mancanza di cure adeguate e per suicidio (67 i suicidi da inizio 202
2)?\nSe dentro come fuori dalle carceri le condizioni degli oppressi e del
le oppresse sono sempre peggiori\, è chiaro come per lo Stato diventi fond
amentale recidere ogni potenziale legame di solidarietà. Lo vediamo nel no
stro quotidiano dove\, da anni\, qualsiasi dimensione collettiva o comunit
aria viene continuamente posta sotto attacco. Dalla precarietà e dal ricat
to che caratterizzano ogni condizione lavorativa\, passando al massivo ric
orso della tecnologia per mediare ogni forma di comunicazione e scambio\,
alla soppressione pressoché totale di spazi fisici di aggregazione che non
rispondono alla logica del profitto\, sino alla puntuale costruzione di “
nemici pubblici” contro cui\, ci vien detto\, ogni strumento repressivo è
lecito.\nL’emarginazione dell’individuo passa dunque anche dal carcere\, s
trumento per eccellenza finalizzato ad annichilire l’individuo attraverso
l’isolamento dalla sua comunità di riferimento (che sia quella affettiva\,
politica o altra). Al suo interno\, nel corso degli anni\, sono nati circ
uiti pensati per determinati reati\, come quelli di Alta Sicurezza (AS)\,
e il regime di carcere duro del 41bis. Quest’ultimo è stato istituito sull
a scia della cosiddetta lotta alla mafia e sull’onda emotiva della strage
di Capaci. Il clima di paura e il mostro da annientare sono stati la corni
ce che ha reso questo strumento socialmente accettabile. Isolamento totale
per anni\, discrezionalità totale e possibilità di rinnovare continuament
e questo stato detentivo\, limitazione nel tenere beni personali (come la
foto di un proprio caro) in cella\, divieto di ricevere libri dall’esterno
\, censura della posta e così via. Queste sono solo alcune delle condizion
i imposte per legge ai prigionieri e alle prigioniere in 41 bis\, ma ad es
se si aggiungono quelle “discrezionali”: schermatura delle finestre con pa
nnelli di plexiglas\, sezioni poste sotto terra come quella del carcere di
Bancali\, primi due anni in totale isolamento. L’obiettivo del regime è d
uplice: da un lato indurre il prigioniero a denunciare altre persone\, a “
collaborare” per riguadagnare un po’ di vivibilità purché si getti nelle s
egrete medievali qualcun altro.\nDall’altro\, isolare in modo totale l’ind
ividuo\, spezzare ogni legame sociale sia dentro che fuori le mura\, rende
rlo disumano e annientarlo.\nCome sempre\, l’applicazione di nuovi e più g
ravosi strumenti repressivi riguarda inizialmente chi già rientra nella cl
assificazione di “nemico pubblico” e poi\, una volta passati nell’assetto
legislativo e nell’immaginario sociale\, viene estesa anche ad altri. E co
sì il 41 bis è stato esteso nel 2005 ai prigionieri/e politici delle BR-PC
C Morandi\, Mezzasalma\, Lioce e Blefari\, quest’ultima uccisa proprio dal
le pesanti condizioni di questo regime. Ora\, come dimostra il caso di Alf
redo\,\ntocca agli anarchici. E domani chissà.\nUn altro tassello dell’ann
ientamento del singolo e della sua possibilità di essere parte di una comu
nità umana è l’ergastolo ostativo\, strumento con cui lo Stato condanna l’
individuo a un fine pena mai\, senza se e senza ma. Tra i tanti ergastolan
i\, ricordiamo Mario Trudu\, morto di carcere in Sardegna dopo una vita ri
nchiusa tra le sbarre. A chi è sottoposto all’ergastolo\nostativo sono neg
ati tutti i benefici\, in nome di una valutazione sulla “pericolosità” del
soggetto basata sul rifiuto di collaborare con lo Stato\, su legami veri
o presunti con la criminalità organizzata o con la lotta politica\, o sull
a mancata partecipazione all’opera “rieducativa”.\nL’isolamento\, tuttavia
\, si configura anche quando non vengono applicati strumenti particolarmen
te afflittivi di cui abbiamo parlato\; ci riferiamo ad esempio all’utilizz
o di strumenti punitivi interni al carcere\, quali l’applicazione del regi
me 14 bis\, o le svariate condizioni di isolamento de facto.\nL’ultimo tas
sello che vogliamo aggiungere è quello della distanza fisica. La scelta at
tuata con il piano carceri del 2009 di costruire le 4 nuove strutture dete
ntive in Sardegna (Bancali\, Uta\, Massama\, Nuchis)\, così come di trasfe
rirvi numerosi prigionieri nelle sezioni speciali provenienti prevalenteme
nte dal Sud Italia e infine il trasferimento di Alfredo\, si inscrivono ne
l processo di atomizzazione di cui stiamo parlando. L’isolamento dei deten
uti diventa ancora più ampio perché di mezzo c’è il mare che allunga le di
stanze con la propria comunità.\nLa storia della Sardegna\, oltre a essere
storia di conquista e colonizzazione\, è anche storia di carcerazione. L’
introduzione del carcere avviene nel XVIII secolo con l’avvio della cosidd
etta modernità\, la sua affermazione passa attraverso la definizione del b
anditismo come piaga sociale ed endemica della Sardegna.\nCon il Regno d’I
talia la Sardegna diviene il luogo in cui chiudere “gli irregolari”\, cioè
tutti coloro che non accettano le leggi del nuovo Stato o che\, ridotti i
n miseria\, cercano fuori dalla legge spazi di sopravvivenza.\nAncora\, co
n la ristrutturazione del sistema penitenziario degli anni ‘70 del Novecen
to\, essa diventa il luogo di detenzione e tortura prima per i detenuti ac
cusati di reati di mafia poi per i prigionieri politici e ribelli. Con l’i
stituzione delle “carceri speciali”\, ben due delle prime cinque strutture
individuate a tal fine si trovano sull’isola.\nD’altronde l’espandersi e
l’evolversi del sistema carcerario sardo è da sempre legato a doppio filo
con i momenti chiave della sua colonizzazione da parte dello Stato. Si pen
si alla strenua opposizione contro l’esportazione della proprietà privata
da parte dei sabaudi nei primi dell’800\, al susseguirsi degli scioperi de
i minatori nei primi del Novecento\, passando alle lotte contro l’imposizi
one delle industrie petrolchimiche nel secolo scorso\, oppure contro le se
rvitù militari.\nL’ultima pagina di questa politica è stata\, come già acc
ennato\, il Piano Carceri del 2009 che oltre ad aumentare notevolmente la
capacità detentiva dell’isola\, per la prima volta ha predisposto la costr
uzione di un carcere appositamente progettato per l’applicazione del 41 bi
s: Bancali.\nIn totale ad oggi ci sono 10 strutture detentive di cui 5 car
ceri speciali\; 3 differenti 41 bis sparsi nel territorio e un quarto in c
ostruzione.\nPerché abbiamo sentito la necessità di scrivere tutto questo
in vista della manifestazione di fine ottobre in solidarietà ad Alfredo e
tutti i prigionieri e le prigioniere? Perché pensiamo che oggi più che mai
sia necessario inserire la lotta contro il carcere all’interno della nuov
a cornice politica e sociale nella quale stiamo vivendo. Un mondo dove il
controllo è sempre più pervasivo e dove l’isolamento del prigioniero è spe
culare all’isolamento di ogni individuo. Gli strumenti messi in campo sono
molteplici\, ma l’obiettivo sembra comune: distruggere la dimensione comu
nitaria dell’individuo\, annichilire ogni possibilità di deviazione rispet
to all’ordine costituito.\nA chi quell’ordine costituito ha messo in discu
ssione nelle parole e nei fatti va tutta la nostra solidarietà. Con chi lo
tta con ogni mezzo necessario contro la disumanizzazione dell’individuo sa
remo al fianco.\nPer Anna\, Alfredo\, Juan e tutte le prigioniere e i prig
ionieri che lottano saremo in strada il 29 Ottobre e oltre.\nFuori Alfredo
dal 41 bis! Chiudere il 41 bis! Liberi tutti\, libere tutte!
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SUMMARY:Sassari: corteo contro il carcere
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X-ALT-DESC;FMTTYPE=text/html:\\n\\n\\n\\n\\n\nRIFLESSIONI IN VISTA DELLA MAN
IFESTAZIONE
\nDEL 29 OTTOBRE A SASSARI<
/h2>\n
Contro il carcere e la società che lo rende necessario
\nIl 5 maggio 2022 il compagno anarchico Alfredo Cospito è st
ato trasferito nel carcere di Bancali in Sardegna e rinchiuso nel regime d
i 41 bis. Il 6 luglio la Cassazione ha condannato nel processo “Scripta ma
nent” Anna\, Alfredo e Nicola per il reato di associazione sovversiva con
finalità di terrorismo (articolo 270-bis c.p.). Inoltre\, la Corte ha acco
lto la richiesta di riqualificare l’accusa verso Alfredo e Anna\, dal reat
o di strage semplice al reato di strage politica (articolo 285 c.p.) – che
prevede come pena l’ergastolo – in relazione ad un attentato esplosivo al
la scuola allievi carabinieri di Fossano che ha provocato danni materiali
alla struttura\, senza conseguenze lesive.
\nSempre a luglio Juan So
rroche\, un altro compagno anarchico\, è stato condannato in primo grado a
28 anni di reclusione per il reato di attentato con finalità di terrorism
o (articolo 280 c.p.) per due ordigni\, di cui uno inesploso\, che dannegg
iarono il portone della sede della Lega Nord di Villorba (TV) nell’estate
2018.
\nQueste sentenze segnano un punto di svolta importante nella
repressione da parte dello Stato italiano\, non solo nei confronti del mov
imento anarchico\, ma più in generale verso chiunque provi a lottare e a r
ibellarsi. Non è un caso che questo inasprirsi delle condanne e delle cond
izioni detentive per i prigionieri anarchici e le prigioniere anarchiche a
rrivi in un periodo di forte repressione che colpisce tutte le soggettivit
à e gruppi che incrinano la pacificazione sociale perseguita dallo Stato.<
/p>\n
Nello stato di emergenza perenne che ormai è diventato normalità\,
qualsiasi protesta verso le imposizioni dello Stato è marchiata come mina
ccia verso la società intera\; se poi dalla protesta si passa all’azione c
oncreta\, l’accusa verso chi agisce deve essere esemplare. Ne sono un esem
pio i diversi tentativi di contestazione di reati associativi susseguitisi
negli ultimi anni\, ad esempio contro la lotta NO TAV\, contro la presenz
a militare in Sardegna e più di recente contro i sindacati di base impegna
ti nella lotta dei lavoratori nel settore della logistica.
\nL’inasp
rirsi delle pene è rivolto verso tutte quelle azioni che mettono in crisi
la pacificazione funzionale a Stato e capitale. Basti pensare alla riesuma
zione del reato di devastazione e saccheggio (che prevede fino a 15 anni d
i reclusione) nell’ambito di cortei\, a carico degli ultras e dei reclusi/
e in carceri o CPR. Oppure pensiamo all’aggravamento della pena prevista p
er il reato di “blocco stradale” (pratica da sempre appartenente ai più sv
ariati ambiti di lotta) che oggi prevede sino a 12 anni di reclusione.
\nSotto attacco non ci sono solo le azioni\, ma anche le idee. Diversi\
, ad esempio\, sono i musicisti che di recente si sono trovati accusati di
istigazione a delinquere e vilipendio\, semplicemente per il contenuto de
i loro testi inneggianti all’ostilità contro le forze dell’ordine\, i mili
tari o le autorità più in generale. In ambito anarchico invece\, sempre pi
ù spesso\, il reato di istigazione a delinquere viene affiancato dall’aggr
avante di terrorismo ed utilizzato per costruire ipotesi associative. Si p
ensi alle pubblicazioni messe sotto accusa per aver sostenuto la necessità
della violenza rivoluzionaria e per aver dato voce al contributo alla lot
ta che Alfredo non ha mai smesso di portare\, anche da dietro le sbarre de
lle sezioni di alta sicurezza. Proprio per questo motivo si è visto trasfe
rire a maggio 2022 in 41-bis a Bancali\, regime che prevede il blocco pres
soché totale della corrispondenza.
\nEvidentemente le idee di Alfred
o sono scomode perché\, coerentemente all’azione che nel 2012 lo ha portat
o in carcere – la gambizzazione dell’amministratore delegato di Ansaldo Nu
cleare – spiegano con semplicità lo slancio etico che sta dietro all’agire
. Questa azione riconosce chiaramente come dietro allo sfruttamento della
terra e dei popoli\, non ci sono solo dei nomi di multinazionali o di soci
età per azioni ma uomini e donne che ogni giorno prendono decisioni che re
ndono l’esistenza sempre più invivibile alla maggior parte della popolazio
ne mondiale.
\nIn una società neoliberale come quella in cui viviamo
è sempre più evidente che le condizioni di salute e benessere sono garant
ite a una ristretta fascia di popolazione\, mentre per la restante parte l
o sfruttamento lavorativo\, l’insicurezza abitativa e relazionale\, il mal
essere fisico e psicologico sono la quotidianità. In questo contesto il ca
rcere si configura come un “ghetto sociale” in cui vengono rinchiuse le pe
rsone che per scelta\, o semplicemente per necessità\, si trovano a non ri
spettare le leggi dello Stato e che non posseggono le risorse economiche p
er pagarsi una difesa né tanto meno la copertura delle istituzioni concess
a a chi ricopre posizioni di potere. É interessante notare come più della
metà delle persone recluse abbia una condanna per reati legati alla legge
sugli stupefacenti o contro la proprietà (furto\, rapina)\, che il 15% dei
carcerati sia classificato come tossicodipendente e che oltre il 30% non
abbia la cittadinanza italiana. La funzione riabilitativa del carcere rima
ne una dichiarazione della propaganda di Stato per rendere più accettabile
una situazione che di riabilitativo non ha nulla. Come può essere riabili
tativo un luogo dove si vive in 3 metri quadrati di cella\, dove l’assiste
nza medica è garantita solo quando si tratta di psicofarmaci\, dove si muo
re per mancanza di cure adeguate e per suicidio (67 i suicidi da inizio 20
22)?
\nSe dentro come fuori dalle carceri le condizioni degli oppres
si e delle oppresse sono sempre peggiori\, è chiaro come per lo Stato dive
nti fondamentale recidere ogni potenziale legame di solidarietà. Lo vediam
o nel nostro quotidiano dove\, da anni\, qualsiasi dimensione collettiva o
comunitaria viene continuamente posta sotto attacco. Dalla precarietà e d
al ricatto che caratterizzano ogni condizione lavorativa\, passando al mas
sivo ricorso della tecnologia per mediare ogni forma di comunicazione e sc
ambio\, alla soppressione pressoché totale di spazi fisici di aggregazione
che non rispondono alla logica del profitto\, sino alla puntuale costruzi
one di “nemici pubblici” contro cui\, ci vien detto\, ogni strumento repre
ssivo è lecito.
\nL’emarginazione dell’individuo passa dunque anche
dal carcere\, strumento per eccellenza finalizzato ad annichilire l’indivi
duo attraverso l’isolamento dalla sua comunità di riferimento (che sia que
lla affettiva\, politica o altra). Al suo interno\, nel corso degli anni\,
sono nati circuiti pensati per determinati reati\, come quelli di Alta Si
curezza (AS)\, e il regime di carcere duro del 41bis. Quest’ultimo è stato
istituito sulla scia della cosiddetta lotta alla mafia e sull’onda emotiv
a della strage di Capaci. Il clima di paura e il mostro da annientare sono
stati la cornice che ha reso questo strumento socialmente accettabile. Is
olamento totale per anni\, discrezionalità totale e possibilità di rinnova
re continuamente questo stato detentivo\, limitazione nel tenere beni pers
onali (come la foto di un proprio caro) in cella\, divieto di ricevere lib
ri dall’esterno\, censura della posta e così via. Queste sono solo alcune
delle condizioni imposte per legge ai prigionieri e alle prigioniere in 41
bis\, ma ad esse si aggiungono quelle “discrezionali”: schermatura delle
finestre con pannelli di plexiglas\, sezioni poste sotto terra come quella
del carcere di Bancali\, primi due anni in totale isolamento. L’obiettivo
del regime è duplice: da un lato indurre il prigioniero a denunciare altr
e persone\, a “collaborare” per riguadagnare un po’ di vivibilità purché s
i getti nelle segrete medievali qualcun altro.
\nDall’altro\, isolare
in modo totale l’individuo\, spezzare ogni legame sociale sia dentro che
fuori le mura\, renderlo disumano e annientarlo.
\nCome sempre\, l’a
pplicazione di nuovi e più gravosi strumenti repressivi riguarda inizialme
nte chi già rientra nella classificazione di “nemico pubblico” e poi\, una
volta passati nell’assetto legislativo e nell’immaginario sociale\, viene
estesa anche ad altri. E così il 41 bis è stato esteso nel 2005 ai prigio
nieri/e politici delle BR-PCC Morandi\, Mezzasalma\, Lioce e Blefari\, que
st’ultima uccisa proprio dalle pesanti condizioni di questo regime. Ora\,
come dimostra il caso di Alfredo\,
\ntocca agli anarchici. E domani c
hissà.
\nUn altro tassello dell’annientamento del singolo e della su
a possibilità di essere parte di una comunità umana è l’ergastolo ostativo
\, strumento con cui lo Stato condanna l’individuo a un fine pena mai\, se
nza se e senza ma. Tra i tanti ergastolani\, ricordiamo Mario Trudu\, mort
o di carcere in Sardegna dopo una vita rinchiusa tra le sbarre. A chi è so
ttoposto all’ergastolo
\nostativo sono negati tutti i benefici\, in n
ome di una valutazione sulla “pericolosità” del soggetto basata sul rifiut
o di collaborare con lo Stato\, su legami veri o presunti con la criminali
tà organizzata o con la lotta politica\, o sulla mancata partecipazione al
l’opera “rieducativa”.
\nL’isolamento\, tuttavia\, si configura anche
quando non vengono applicati strumenti particolarmente afflittivi di cui
abbiamo parlato\; ci riferiamo ad esempio all’utilizzo di strumenti puniti
vi interni al carcere\, quali l’applicazione del regime 14 bis\, o le svar
iate condizioni di isolamento de facto.
\nL’ultimo tassello che vogl
iamo aggiungere è quello della distanza fisica. La scelta attuata con il p
iano carceri del 2009 di costruire le 4 nuove strutture detentive in Sarde
gna (Bancali\, Uta\, Massama\, Nuchis)\, così come di trasferirvi numerosi
prigionieri nelle sezioni speciali provenienti prevalentemente dal Sud It
alia e infine il trasferimento di Alfredo\, si inscrivono nel processo di
atomizzazione di cui stiamo parlando. L’isolamento dei detenuti diventa an
cora più ampio perché di mezzo c’è il mare che allunga le distanze con la
propria comunità.
\nLa storia della Sardegna\, oltre a essere storia
di conquista e colonizzazione\, è anche storia di carcerazione. L’introdu
zione del carcere avviene nel XVIII secolo con l’avvio della cosiddetta mo
dernità\, la sua affermazione passa attraverso la definizione del banditis
mo come piaga sociale ed endemica della Sardegna.
\nCon il Regno d’It
alia la Sardegna diviene il luogo in cui chiudere “gli irregolari”\, cioè
tutti coloro che non accettano le leggi del nuovo Stato o che\, ridotti in
miseria\, cercano fuori dalla legge spazi di sopravvivenza.
\nAncora
\, con la ristrutturazione del sistema penitenziario degli anni ‘70 del No
vecento\, essa diventa il luogo di detenzione e tortura prima per i detenu
ti accusati di reati di mafia poi per i prigionieri politici e ribelli. Co
n l’istituzione delle “carceri speciali”\, ben due delle prime cinque stru
tture individuate a tal fine si trovano sull’isola.
\nD’altronde l’e
spandersi e l’evolversi del sistema carcerario sardo è da sempre legato a
doppio filo con i momenti chiave della sua colonizzazione da parte dello S
tato. Si pensi alla strenua opposizione contro l’esportazione della propri
età privata da parte dei sabaudi nei primi dell’800\, al susseguirsi degli
scioperi dei minatori nei primi del Novecento\, passando alle lotte contr
o l’imposizione delle industrie petrolchimiche nel secolo scorso\, oppure
contro le servitù militari.
\nL’ultima pagina di questa politica è s
tata\, come già accennato\, il Piano Carceri del 2009 che oltre ad aumenta
re notevolmente la capacità detentiva dell’isola\, per la prima volta ha p
redisposto la costruzione di un carcere appositamente progettato per l’app
licazione del 41 bis: Bancali.
\nIn totale ad oggi ci sono 10 struttu
re detentive di cui 5 carceri speciali\; 3 differenti 41 bis sparsi nel te
rritorio e un quarto in costruzione.
\nPerché abbiamo sentito la nec
essità di scrivere tutto questo in vista della manifestazione di fine otto
bre in solidarietà ad Alfredo e tutti i prigionieri e le prigioniere? Perc
hé pensiamo che oggi più che mai sia necessario inserire la lotta contro i
l carcere all’interno della nuova cornice politica e sociale nella quale s
tiamo vivendo. Un mondo dove il controllo è sempre più pervasivo e dove l’
isolamento del prigioniero è speculare all’isolamento di ogni individuo. G
li strumenti messi in campo sono molteplici\, ma l’obiettivo sembra comune
: distruggere la dimensione comunitaria dell’individuo\, annichilire ogni
possibilità di deviazione rispetto all’ordine costituito.
\nA chi qu
ell’ordine costituito ha messo in discussione nelle parole e nei fatti va
tutta la nostra solidarietà. Con chi lotta con ogni mezzo necessario contr
o la disumanizzazione dell’individuo saremo al fianco.
\nPer
Anna\, Alfredo\, Juan e tutte le prigioniere e i prigionieri che lottano
saremo in strada il 29 Ottobre e oltre.
\nFuori Alf
redo dal 41 bis! Chiudere il 41 bis! Liberi tutti\, libere tutte!
\n
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