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Calcio popolare

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Il piccolo Lebowsky

Negli ultimi anni si sono moltiplicati casi di società gestite attraverso l’azionariato popolare, ovvero la divisione della proprietà societaria tra più soggetti possibile attraverso il pagamento di una quota stagionale.
Troviamo esempi di questa pratica nei campionati maggiori di tutta Europa, con squadre come il Barcellona, l’Athletic Bilbao, il Bayern Monaco, ma è nel mondo del calcio minore, quello dilettantistico, che questa pratica trova il suo ambiente migliore: togliendo la possibilità a imprenditori di sfruttare una società per la propria scalata nel mondo del business calcistico, come successo a Saronno con Enrico Preziosi, e riconoscendo il valore di chi vive con passione il calcio, rimanendo distanti da logiche di mercato.
Questa forma di gestione societaria riporta il calcio alla sua dimensione popolare originaria, aggiungendo al ruolo del tifoso una partecipazione attiva nelle decisioni che riguardano la società, o, ancora più interessante, la possibilità di creare una società unicamente formata dai tifosi. Emblematica in questo contesto è la storia dell’ F.C. United of Manchester: contemporaneamente all’acquisto della proprietà della società del Manchester United da parte dell’imprenditore americano Malcolm Glazer alcuni tifosi dei Red Devils, una delle squadre più titolate e seguite dell’Inghilterra, decidono di ridare una squadra ai cittadini di Manchester, creando così l’F.C. United, la squadra dei tifosi. Moltissimi sono stati i tifosi che hanno seguito questo progetto, riempiendo in migliaia gli stadi della nuova squadra, partita nella sua prima stagione dall’ultimo livello del campionato inglese.
Anche in Italia ci sono molti esempi di gestione societaria attraverso l’azionariato popolare, principalmente nel calcio dilettantistico, nei quali è riscontrabile un attaccamento alla squadra molto forte e una partecipazione molto numerosa.
Crediamo che quello del Centro Storico Lebowski sia un esempio che valga la pena conoscere.
Nel 2004 un gruppo di amici accomunati dall’amore per il calcio e per lo stadio decidono di lasciare la curva Fiesole (storica curva della Fiorentina, la squadra principale di Firenze) per ricominciare dal calcio minore. Vanno così a pescare una squadra di Terza Categoria che si trovava in ultima posizione con una differenza reti incredibilmente negativa, l’A.C. Lebowski, di cui diventano i tifosi.
Sei anni dopo, nel 2010, gli Ultimi Rimasti Lebowski, questo il nome del gruppo ultras al seguito della squadra, decidono di fare il salto di qualità e di creare una società da loro gestita: nasce così il Centro Storico Lebowski.
Il Lebowski rappresenta l’alternativa a quel calcio che ormai non ha più nulla di popolare e originario, che ha portato centinaia di persone ad agire in prima persona per una semplice squadra di terza categoria, che ad ogni partita creano un clima carico di passione, e che a tutto questo riescono ad unire anche ottimi risultati sportivi. Negli ultimi 2 anni è stato protagonista di 2 promozioni e attualmente il C.S. Lebowski sta disputando il campionato di Prima Categoria.
Col passare degli anni la squadra ha guadagnato popolarità, tanto che molti giocatori, provenienti da categorie superiori, hanno deciso di giocare per i grigioneri rinunciando allo stipendio; è questo uno dei principi fondanti della squadra: nessuno, che sia dirigente, giocatore o allenatore, sarà stipendiato dalla società.
E’ un esempio apprezzabile, che riavvicina al calcio minore, fatto di sudore, campetti disastrati, divertimento e attaccamento, un processo che possa ridare vita allo sport che tante persone ha fatto innamorare da bambini, ma che, crescendo, ha finito per disgustarle.
E’ un calcio che non vuole avvicinarsi al mondo tanto criticato delle categorie professionistiche, che vuole rimanere sano e partecipato, che non vuole essere infangato dalle logiche di mercato, da sponsorizzazioni, da calciatori mercenari strapagati e da imprenditori opportunisti.

La piccola Saronno

Strana sorte quella dell’FBC Saronno: nato tra le prime 50 squadre in Italia ha vissuto il suo apice calcistico negli anni ’90, con una presenza costante nelle allora serie C1 e C2. Nel ’97 disputò i play-off per salire in Serie B, ma qualcosa andò storto. Già, perché in quell’anno il presidente del Saronno era l’imprenditore Enrico Preziosi, il quale dopo la vittoria per 1-0 contro il Carpi nell’andata delle due partite decisive per l’accesso alla serie cadetta annunciò l’intenzione di vendere l’FBC Saronno per acquistare il Como Calcio. La notizia destabilizzò non poco lo spogliatoio, e la gara di ritorno finì con una netta sconfitta: 3-0, con promozione per la squadra di Carpi.
Negli anni successivi il Saronno cercò di rimanere a galla in una situazione difficile dal punto di vista economico e di risultati sul campo, finché nel 2000 arrivò il primo fallimento.
Il primo decennio del 2000 assistette a vari tentativi di rinascita del Saronno calcio, sempre con scarsi risultati.
Chi segue il calcio sa che ora Enrico Preziosi è oggi il presidente del Genoa CFC, da oramai numerose stagioni militante in Serie A.
Nel ’97 Preziosi lascia il Saronno e approda al Como. Qui nel 2001 ottiene la promozione in Serie B, e la stagione seguente addirittura conquista una storica promozione alla Serie A.
L’anno successivo però la squadra non si conferma e retrocede nuovamente in Serie B. Comincia quindi la crisi anche per i lariani, abbandonati dal presidente Preziosi durante la stagione che li vedrà retrocedere in C1. Successivamente arriverà un’altra retrocessione ed infine il fallimento.
Mentre viene emessa contro Preziosi un’ordinanza di custodia cautelare per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio, nel 2003 lo stesso acquista il Genoa CFC.
Questo è solo uno spaccato tipico di quello che viene chiamato calcio moderno.
La storia dell’FBC e del suo fallimento non è un caso isolato nel panorama calcistico e può fornirci una chiave di lettura paradigmatica di come si sia evoluto il fenomeno calcistico negli ultimi 20-30 anni.
Da una parte abbiamo Preziosi come emblema dell’imprenditore che sfrutta le piccole società per arrivare alla grande piazza.
Dall’altra parte abbiamo l’FBC, simbolo della piccola società, ma forse meglio della piccola cittadina che, dopo aver vissuto anni d’oro, si risveglia improvvisamente senza una squadra, per il semplice fatto di essere appunto una realtà di provincia, con scarsi margini di guadagno e di visibilità in confronto a quelli possibili in una grande città, e per questo di non essere all’altezza di avere una squadra competitiva nei massimi campionati nazionali.
È una semplice questione di mercato: se a Saronno guadagni 10 a Como puoi guadagnare 100.
Ma perché accontentarsi di 100 se a Genova puoi guadagnare 1000?
Il caso Preziosi è esemplare: il calcio tutto segue queste logiche, non è più sufficiente riempire gli stadi di tifosi, anzi si assiste ad un progressivo allontanamento, forzato o meno, delle masse dagli stadi, bisogna massimizzare i profitti con pay tv, sponsor, pubblicità, azionisti, eventi mediatici, tutto questo accompagnato dalla repressione verso quel movimento che in Italia ha preso il nome di ultras. Cambia il tipo di tifoso che è possibile incontrare negli stadi. Non più masse di giovani provenienti dai quartieri popolari, ma famiglie dei ceti medi e professionisti danarosi, pronti a spendere molti soldi all’interno dello stadio. Cambia per questo la forma e il senso degli stadi, non più adatti a contenere il numero elevatissimo di persone per cui erano costruiti negli anni ’80 e ’90, ma meno capienti per dare spazio a zone commerciali piene di merchandise della squadra locale.
Il calcio smette così di essere quello sport popolare che avevamo conosciuto e diventa uno strumento di lucro; in una situazione del genere non c’è evidentemente più spazio per la passione, ma solo per il profitto.

QUESTIONI DI PALAZZO

Oggi in tv, sui giornali, su internet si parla tanto di palazzi, riferendosi quasi sempre ai palazzi della politica, i palazzi della Repubblica, i palazzi del potere. Ma qui no. Qui oggi si parla di ben altri palazzi, nello specifico si parla di un palazzo ben noto ai cittadini saronnesi, ovvero quello conosciuto con il nome di “Palazzo Visconti”.

Le origini e la storia
Storicamente si fa risalire la costruzione del Palazzo addirittura alla seconda metà del 1500. Il nome deriva dalla famiglia milanese dei Visconti che, nella persona di Giacomo Filippo Visconti, commissionò la costruzione proprio in quell’epoca. Non è un mistero difatti che un ramo della famiglia Visconti risiedesse nel territorio saronnese già agli inizi del ‘500: il Palazzo fu dunque eretto nei pressi del centro cittadino e nei primi anni di vita ebbe sia la funzione di residenza di villeggiatura per la nobile famiglia milanese sia quella di abitazione vera e propria. Nel corso dei secoli si succedettero diversi proprietari: nel 1643 il possesso dell’edificio passò alla famiglia di Pietro Giacomo Rubini e successivamente esso finì nelle mani del nipote, il Conte Diego Rubini, il quale tra il 1724 ed il 1753 decise di apportare notevoli miglioramenti sia a livello architettonico sia a livello decorativo. Nel 1773 l’intero stabile venne acquistato dalla famiglia Schenardi, la quale cedette infine il palazzo a Giuseppe Morandi, il quale decise di trasformarlo in un prestigioso collegio. Nel 1882 il Comune di Saronno finalmente prende possesso del Palazzo e lì decide di trasferirvi il Municipio ed i relativi uffici pubblici. Solamente molti anni dopo, il 27 dicembre 1926, con lo spostamento degli uffici comunali nella vicina Villa Gianetti, il Palazzo diviene sede della Pretura: da qui il nome affettuoso con il quale ancora oggi la popolazione saronnese si riferisce ad esso, cioè la cosiddetta “vecchia pretura”.
Dalla metà degli anni 80’ Palazzogli uffici della Pretura lasciano il Palazzo ed i locali presenti all’interno di esso vengono destinati ad un duplice scopo. Alcuni sono utilizzati come abitazioni mentre nei restanti trovano casa le numerose associazioni presenti sul territorio cittadino, le quali vengono tutte riunite in un’unica e grande sede.
Alcuni ricorderanno sicuramente il KSS, il primo e storico centro sociale di Saronno ed il Circolo dei Briganti, nato dalle ceneri del primo sul finire degli anni ’90: con essi, il Palazzo inizia a vivere una nuova vita notturna fatta di concerti, incontri culturali, dibattiti, cineforum, serate passate sulle grandi ed accoglienti scalinate a bere birra e a chiacchierare in compagnia. Altri ricorderanno invece Palazzo Visconti principalmente come sede delle numerose proiezioni serali ed estive del suggestivo “Cinema sotto le stelle”.

L’incendio e le scoperte
Il 28 settembre del 2007 avviene il disastro: un incendio, divampato nella canna fumaria della sede di una delle numerose associazioni presenti all’interno dell’edificio, distrugge buona parte del Palazzo, rendendolo di fatto inutilizzabile. Le associazioni fanno i bagagli e si trasferiscono nei locali dell’ex istituto scolastico elementare Pizzigoni ed ex liceo classico Legnani: a tutt’oggi molte associazioni saronnesi si trovano ancora presso l’ex scuola e rimangono in attesa di ricevere uno spazio adeguato alle loro esigenze, ma questa è un’altra storia.
Il tremendo incendio che si sviluppa nei locali di Palazzo Visconti, sebbene comporti la rovinosa decadenza dello stabile, porta tuttavia con sé due note positive. La prima è una nota di carattere “artistico” e concerne la scoperta, successiva all’incendio ed ai sopralluoghi effettuati da tecnici ed esperti del settore, di un ciclo di affreschi di origine settecentesca, attribuiti successivamente all’artista Giovanni Antonio Cucchi. Due anni dopo, nel 2009, Sergio Beato, membro della Società Storica Saronnese, ipotizza che nella ristrutturazione di origine settecentesca ordinata dal Conte Diego Rubini vi sia l’opera di Francesco Croce, cioè l’architetto già autore del progetto della guglia maggiore del Duomo di Milano e amico del sopracitato Giovanni Antonio Cucchi. Il tesoro architettonico ed artistico che si cela nelle stanze di Palazzo Visconti inizia pian piano a mostrarsi in tutto il suo splendore.
La seconda nota è tuttavia ancora più importante della prima: difatti, il secondo merito delle fiamme che hanno avvolto l’edificio è stato quello di risvegliare le sopite coscienze cittadine in merito alla “Questione Palazzo Visconti”.
Nei mesi successivi al disastro i giornali locali non tardano invero ad uscire con titoli a caratteri cubitali e riguardanti il futuro dell’edificio : “Palazzo Visconti verrà restaurato”, “Palazzo Visconti: casa d’arte e d’associazioni”, “Quale futuro per Palazzo Visconti? Si riapre il dibattito”. La Società Storica Saronnese apre due conti correnti per avviare una raccolta fondi destinata alla salvaguardia dello stabile: le donazioni sono scarse e serviranno a malapena a coprire i lavori di pulizia ed i minimi interventi per la sistemazione e la “messa in sicurezza”, ovvero la chiusura degli accessi al fine di impedire l’ingresso nello stabile.

Politica di palazzo
La “Questione” non coinvolge solamente il piano dell’opinione pubblica: ben presto ci si accorge che parlando del Palazzo ci si trova di fronte ad un problema prettamente di carattere politico. La campagna elettorale del 2009 vede infatti Palazzo Visconti come uno dei temi caldi sui quali giocarsi la sfida delle urne: tutti ne parlano, tutti hanno una soluzione, nessuno ha i soldi per mettere in pratica la propria idea.
Il Partito Democratico è da subito in prima fila. Il PD saronnese pone infatti la “Questione” tra i “Dieci grandi progetti per cambiare Saronno”, tant’è che la ristrutturazione del Palazzo occupa addirittura il primo posto del programma dei democratici locali e viene declinata secondo una molteplicità di proposte clamorose ed eclatanti: una pinacoteca, un museo, un centro polifunzionale per giovani ed associazioni, un “Palazzo dei Saperi” e chi più ne ha più ne metta. L’entusiasmo è grande, le idee tante, i soldi pochi.
Anche l’ex sindaco Pierluigi Gilli prende la parola sulla “Questione” dalle colonne del proprio blog personale: se da amministratore comunale Gilli aveva pensato di trasferire presso il Palazzo gli uffici del Municipio cittadino, una volta sedutosi nei banchi dell’opposizione l’ex primo cittadino si mostra da subito critico verso tutti i candidati sindaci, colpevoli di speculare e gettare parole al vento su un tema assai delicato come il futuro del prestigioso edificio storico.
In effetti il boato delle voci dei candidati sindaci in relazione alla “Questione” è realmente ampio ed eterogeneo. Lucano, Nappo, Porro, Proserpio, Renoldi, Tramacere: tutti vogliono dire la loro sul futuro di Palazzo Visconti. Anche i Socialisti saronnesi capitanati da Giuseppe Nigro si sbilanciano sul tema ed ipotizzano un “centro di documentazione per Palazzo Visconti”. L’entusiasmo è grandissimo, le idee tantissime, i soldi pochissimi.
Nel 2010, tre anni dopo il fatidico incendio, presso Villa Gianetti si tiene un incontro sul tema alla presenza di Amedeo Bellini, professore ordinario di Teoria e Storia del restauro presso il Politecnico di Milano. Solo pochi mesi prima una delegazione di cittadini aveva segnalato lo stato di degrado del Palazzo: la risposta del neo eletto sindaco Porro si concretizza nell’organizzazione del predetto incontro e, contemporaneamente, nella chiusura ermetica delle entrate del palazzo, per evitare che “gli abusivi” possano entrare e danneggiare l’edificio.
Il primo cittadino fa successivamente approvare una variazione di bilancio da centomila euro per garantire il proseguimento dei lavori: essi prevedono la chiusura definitiva degli accessi, la sostituzione dei vecchi infissi alle finestre e la pulizia dei detriti lasciati dai numerosi ospiti che frequentano illegalmente lo stabile nelle ore notturne. Successivamente il sindaco lancia l’idea di una colletta cittadina affinché ognuno possa dare il proprio contributo per salvare il Palazzo dal degrado. Ora l’entusiasmo è scarso, le idee poche, i soldi sono quasi agli sgoccioli.

Notti nere e notti bianche
Nell’estate del 2010 si verifica un episodio inatteso che contribuisce a gettare nuova luce sulla “Questione Palazzo Visconti”, la quale è oramai praticamente dimenticata da tutti, in primis dai partiti politici cittadini e dall’Amministrazione comunale.
Un gruppo di anarchici locali, costituito principalmente da ragazzi e ragazze del saronnese, progetta la cosiddetta “Notte Nera”: i giovani decidono di occupare un edificio abbandonato e di organizzare al suo interno un concerto ed un dj-set per protestare contro le logiche di mercato e di profitto della Notte Bianca”, così come essi spiegano all’interno del comunicato diffuso in occasione dell’evento. Lo spazio occupato dai ragazzi non è nient’altro che il cortile interno di Palazzo Visconti.
L’evento ha una risonanza davvero notevole: la musica si diffonde dal cortile del Palazzo ed invade le strade adiacenti, molti avventori della “Notte Bianca” si mostrano incuriositi dall’iniziativa e moltissimi approfittano dei cancelli aperti per osservare lo stato dell’edificio oramai in stato di abbandono. I giornali locali ne parlano, i politici nostrani si indignano, sindaco Porro compreso, la polizia interviene ma si limita solamente ad osservare a distanza l’evento organizzato dai ragazzi, i quali tengono viva la festa fino a tarda notte. Durante la serata, l’entusiasmo, quello dei ragazzi, è alle stelle, le idee moltissime, i soldi non servono.
Un anno dopo la tanto osteggiata e criticata “Notte Nera”, l’Amministrazione comunale sorprende la cittadinanza con un’idea geniale ed innovativa: viene infatti deciso di aprire i cancelli di Palazzo Visconti per accedere al cortile interno durante la oramai classica “Notte Bianca” prevista per il 9 luglio 2011. Nello stesso periodo, dopo aver istituito una commissione che si occupi di decidere il futuro dell’edificio, il sindaco Porro rivela che per rimettere in sesto Palazzo Visconti “ci vogliono diversi milioni di Euro”. Nel contempo il primo cittadino, messo alle strette dalla stampa locale, asserisce altresì che “non ci sono ancora novità, né sulla destinazione dell’edificio né sulla reperibilità dei fondi per poter avviare il recupero”. L’entusiasmo è nullo, le idee inesistenti, i soldi finiti.
Nel 2012 finalmente la commissione elabora diverse proposte di recupero dell’edificio e le sottopone all’Amministrazione comunale: tuttavia, a causa delle divergenze e delle liti interne alla maggioranza, non viene trovato un accordo e la commissione rimane ferma. E fermo rimane, da allora, il futuro di Palazzo Visconti.

Il palazzo del futuro?
Oggi la “Questione Palazzo Visconti” sembra non essere più tale: il Palazzo non interessa più a nessuno, oppure non interessa perché non è ancora periodo di campagna elettorale. Forse a breve esso tornerà di nuovo sulla bocca di tanti saronnesi, forse è solo questione di tempo, forse bisogna solamente aspettare, forse.
Ai giorni nostri, se non si considera l’apertura “postuma” effettuata dall’Amministrazione comunale durante la “Notte Bianca” del 2011, il solo ed unico intervento di recupero dello spazio sembra essere stato la tanto temuta “Notte Nera”. Un intervento di recupero, questo, che ha coinvolto in primis un piano di carattere “sociale”: con esso, la possibilità di utilizzare uno spazio abbandonato è stata restituita all’intera comunità cittadina, la quale ha avuto l’occasione, durata tuttavia una sola notte, di poter vivere l’ambiente di Palazzo Visconti in maniera libera, senza imposizioni o ancora peggio divieti.
Bisogna allora prendere atto che l’occupazione del Palazzo da parte dei ragazzi della “Notte Nera”, seppur con tutti i limiti economici, organizzativi e legali che un’occupazione si porta dietro, non solo ha voluto risvegliare l’attenzione dei cittadini sull’annosa “Questione Palazzo Visconti”, ma ha anche saputo tracciare una proposta di recupero dello stabile, mettendo finalmente a tacere il fastidioso vociare della politica saronnese in merito al tema della riqualificazione dell’antico edificio. Quella stessa politica che ai tempi della “Notte Nera” aveva bollato come “insicuro e pericolante” il cortile del Palazzo salvo poi spalancare i cancelli dello stabile esattamente un anno dopo, in occasione dell’attesissima “Notte Bianca”.
E ad oggi, cosa rimane di tutto ciò? Oggi il Palazzo giace ancora lì, avvolto dai giganteschi teloni bianchi, come un immenso regalo che la popolazione saronnese aspetta solo di poter scartare, aprire e fruire. Se l’Amministrazione comunale, il sindaco, gli esponenti dei partiti politici e i numerosi soggetti istituzionali che in questi anni si sono riempiti la bocca di tante belle parole sulla riqualificazione di un pezzo di storia di Saronno non sapranno affrontare fino in fondo la “Questione Palazzo Visconti”, allora il futuro di quest’ultimo sembra essere già da ora irrimediabilmente compromesso. Rimane la speranza che un giorno siano gli stessi cittadini saronnesi a decidere sul destino dell’edificio e a lavorare insieme per restituire questo spazio alla comunità.