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DISCORSO SULLA SANITÁ – PARTE 2

CAPITOLO 3
IL CASO LOMBARDO

A livello nazionale, la sanità lombarda è considerata un vero e proprio fiore all’occhiello con le sue strutture d’eccellenza, tanto da essere (come visto nella parte precedente) la principale meta verso cui si dirigono la maggior parte dei migranti sanitari.

Nel quadro delle trasformazioni che hanno portato la sanità a rappresentare uno strumento di auto valorizzazione per il Capitale, il caso lombardo rappresenta una sorta di avanguardia nella sperimentazione dello sdoganamento di pratiche neoliberiste.

A partire dall’anno 2018, attraverso la riforma sociosanitaria lombarda, sono stati introdotti dei significativi cambiamenti che vorrebbero stravolgere la gestione dei pazienti affetti da malattie croniche. Per Regione Lombardia le cose, nonostante la massiccia campagna pubblicitaria, non sono andate come previsto poiché i medici di famiglia non hanno ceduto alle pressioni del Pirellone; soltanto il 48% dei medici di base ha aderito al nuovo programma. Su un bacino di malati cronici di 968.551 soltanto 7.433 (dati al giugno 2018) sono stati arruolati dai Gestori: meno dell’un per cento.

Lo scopo di questo tentativo di trasformazione, a detta della Regione, è quello di semplificare l’accesso alle cure per i pazienti cronici, riducendo i tempi di attesa e i disagi. In realtà, nelle righe che seguono, andremo a vedere come questo sia un meccanismo che permetterebbe alla regione di risparmiare sulla spesa sanitaria, a danno dei pazienti cronici, la cui vita si complicherebbe ancor più di prima.

Riportiamo qui sotto un breve paragrafo, pubblicato sul sito web della Regione Lombardia, attraverso il quale è possibile farsi un’idea delle basi sulle quali sono stati introdotti i cambiamenti.

Delibera della domanda

Il modello di gestione della cronicità si basa sull’ipotesi che la risposta a differenti livelli di domanda, e quindi fabbisogni, sia da ricercare in diversi set assistenziali. La creazione di cluster omogenei di domanda è stata realizzata utilizzando le due dimensioni relative, la prima alla patologia cronica principale (prime due cifre del codice CReG), la seconda alla presenza o meno, quindi alla quantità, di comorbilità.

Quest’ultima rappresenta la complessità, definita nei tre seguenti livelli:

  • Livello 1: soggetti ad elevata fragilità clinica in cui sono presenti oltre la patologia principale almeno tre comorbilità (quattro o più patologie complessive);
  • Livello 2: soggetti con cronicità polipatologica in cui è presente la patologia principale e una o due comorbilità (due o tre patologie complessive);
  • Livello 3: soggetti con una cronicità in fase iniziale, presenza della sola patologia principale.

Per ciascun cluster di soggetti, distinti per patologia e livello di complessità, si sono individuati profili di consumo, specifici per gli ambiti farmaceutico, ambulatoriale e ricovero. I profili di consumo rappresentano le combinazioni di prestazioni maggiormente ricorrenti. Per ciascuna di queste vengono riportati il numero di soggetti, il consumo annuale, totale e medio, per ambito di spesa. Per ogni specifica patologia sono rappresentati i diversi ambiti di spesa suddivisi a loro volta secondo i differenti livelli di complessità, ovvero:

  • Farmaceutica: Primo Livello, Secondo Livello e Terzo Livello;  
  • Ambulatoriale: Primo Livello, Secondo Livello e Terzo Livello;
  • Ricovero: Primo Livello.

Nello specifico, il paziente cronico può decidere se su ogni singola cronicità voglia essere seguito da un Gestore o dal proprio medico di base. Qualora scelga il Gestore, questo diventa  l’unica figura autorizzata a programmare esami e terapie legati alla malattia cronica per la quale ha scelto di affidarsi a lui.

Dice Regione Lombardia:

«Il Gestore organizza tutti i servizi sanitari e sociosanitari necessari a rispondere alle necessità del paziente, programmando prestazioni ed interventi di cura specifici, prescrivendo le cure farmacologiche più appropriate, garantendo un’assistenza continuativa e alleggerendo il cittadino dalla responsabilità di prenotare visite ed esami. Il Gestore è il soggetto “titolare” della presa in carico. Operativamente il rapporto con il paziente viene seguito da una figura sanitaria medica (il “Clinical Manager”) e da una figura sanitaria non medica – ad es. un infermiere (il “Case Manager”) per gli aspetti organizzativi.»

Riassumendo quindi, il Gestore:

  • sottoscrive il patto di cura con il paziente e redige il Piano Assistenziale Individuale (PAI);
  • prende in carico proattivamente il paziente, anche attraverso la prenotazione delle prestazioni;
  • eroga le prestazioni previste dal PAI, direttamente o tramite partner di rete accreditati;
  • monitora l’aderenza del paziente al percorso programmato.

La realtà è che qualora il paziente scelga di affidarsi al Gestore, l’accesso alle cure diventa per lui ancor più complicato e macchinoso rispetto al passato. Questo a causa dei conflitti di competenze tra medico di base e Gestore. Infatti, quando un paziente ha necessità di sottoporsi ad un esame, la prima cosa da accertare è se questo rientri in quelli legati alla patologia cronica o meno. In caso positivo, la prescrizione può farla solamente il Gestore: il paziente rischia di essere rimbalzato dal medico al Gestore e viceversa solo per stabilire di chi sia la competenza.

Chi sono questi gestori, nello specifico?

Secondo Regione Lombardia:

«Possono essere Gestori solo i soggetti risultati idonei a trattare una o più patologie croniche, in base alla valutazione effettuata dalle Agenzie di Tutela della Salute territorialmente competenti, tra questi: Aziende Socio Sanitarie Territoriali, ospedali pubblici e privati accreditati, le associazioni o cooperative di Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta, le strutture sociosanitarie quali ad esempio: Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), Centri Diurni Integrati (CDI), Strutture riabilitative ambulatoriali. Un ente sanitario o sociosanitario con ruolo di Gestore può avere più Punti di Accesso sul territorio (presidi sanitari/sociosanitari, ambulatori, ecc.).»

Anche ai medici di base è stata offerta la possibilità di entrare in questi enti, diventando di fatto dei gestori, o di continuare nel proprio ambulatorio in qualità di co-gestori. La maggior parte dei medici lombardi, attualmente, ha rifiutato questa opzione, scegliendo di continuare il proprio lavoro come ha sempre fatto.

La scelta ha validità di un anno, al termine del quale il paziente può decidere di rinnovare, può cambiare Gestore o tornare a farsi seguire dal proprio medico di base. 

Nel caso del Gestore, ogni anno la regione stabilisce un budget pro-paziente relativo ad ogni singola cronicità: qualora il Gestore faccia spendere alla Regione meno di quanto pianificato, questo ottiene un premio in denaro. Non è quindi fantascienza immaginare che il Gestore farà di tutto per risparmiare e ottenere il premio, e che la Regione, grazie a questo stratagemma, spenderà sempre meno di quanto previsto inizialmente.

Prendiamo, l’esempio di una persona con patologie partico-larmente acute e che ha esaurito il suo “budget” prima del previsto:  il Gestore farà di tutto per risparmiare e far tornare i conti. Questo significa che il Gestore lo costringerà a rinunciare a visite, esami e cure, con tutti i rischi che questo comporta. Inoltre, un Gestore, è libero di non rinnovare il proprio “contratto” con un paziente, se questo dovesse essere particolarmente problematico e avesse un costo troppo elevato.

Un altro aspetto che andrà ulteriormente a complicare la vita delle persone affette da patologie croniche è quello di un’altra figura che affianca il Gestore, ovvero l’erogatore.

Come visto in precedenza, lo scopo del Gestore è quello di risparmiare e fare risparmiare alla regione il più possibile. Per questo motivo stipula accordi di natura economica con strutture sanitarie quali ospedali o ambulatori all’interno delle quali mandare i propri pazienti: ecco gli erogatori, ossia coloro che materialmente erogano le prestazioni mediche per conto del Gestore.

I pazienti dovranno obbligatoriamente recarsi presso le strutture imposte dal Gestore, altrimenti pagheranno le prestazioni come visite private. Questo potrebbe significare per molti dover abbandonare le strutture e i medici che li seguivano da anni, e magari doversi recare in ospedali lontani dalla propria zona di residenza.

Eppure abbiamo visto che qualora un paziente non si trovi bene col proprio Gestore, alla fine dell’anno può decidere di cambiarlo: vero, ma cambiare Gestore significa perdere tutte le prestazioni che erano state programmate. Questo proprio perché ogni Gestore ha i suoi differenti erogatori con i quali ha stabilito accordi. Oltre a tutto ciò c’è da aggiungere che il Gestore può essere allo stesso tempo erogatore di servizi, con un evidente conflitto di interessi nella eventuale prescrizione di esami o visite mediche.

Ciò che emerge è che attraverso questa delibera viene sperimentata l’applicazione del “libero mercato” all’ambito della sanità: come per la luce, il gas e il telefono, i pazienti potranno scegliere di affidarsi ad un Gestore piuttosto che ad un altro, ossia a fornitori privati di prestazioni medici. I vari gestori cercheranno di accaparrarsi i pazienti-clienti con offerte e promesse: non ci stupiremo quindi se inizieremo a vedere pubblicità e campagne di marketing che invoglino i pazienti a scegliere un Gestore piuttosto che un altro.

È pur vero che al momento c’è possibilità di scelta e che questa sia legata solo alle malattie croniche, ma l’esperimento potrebbe estendersi ad altri campi e a tutto il territorio nazionale, fino a diventare la prassi comune. In Inghilterra è già successo, e  il sistema sanitario è stato devastato da un’operazione di privatizzazione simile (e a cui probabilmente i leghisti si sono ispirati). Ovviamente a pagarne le spese, con conseguenze spesso tragiche, sono i meno abbienti, che non hanno la possibilità di compensare le mancanze del sistema sanitario pubblico attraverso il pagamento di prestazioni private.

Come già accennato ad inizio articolo, questo tentativo è stato fallimentare per i primi mesi di sperimentazione. In ogni caso il livello di attenzione a riguardo non deve calare, tanto più in un periodo in cui si sta ridiscutendo il contratto nazionale dei medici, il quale può portare a notevoli sconvolgimenti nel panorama delle competenze regionali e nazionali. Questo potrebbe obbligare i medici ad adottare i provvedimenti “caldamente” promossi da Regione Lombardia, il cui modello potrebbe poi essere esportato anche in altre Regioni e zone d’Italia.

 Sempre meglio tenere la guardia alta, poiché si ha a che fare con un sistema di potere che è peggio della mitologica Medusa .