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GIOCO D’AZZARDO

«Cascina Alberto rappresenta un’importante parte della strategia della compagnia per creare tre o quattro aziende che cambieranno gli eventi nel corso dei prossimi anni, qualcosa che aumenterà il valore della produzione sostenibile cresciuta in Canada»

Northern Petroleum sul suo programma in Italia

Il 15 febbraio i vertici della Provincia si sono incontrati con i rappresentanti del colosso petrolifero Shell. In questa occasione è stato illustrato il percorso che porterà la società petrolifera ad effettuare un’indagine geofisica del sottosuolo, col fine di estrarre petrolio.

Cascina Alberto” è il permesso di ricerca in questione, gestito per l’80% da Shell Italia e per il 20% da Northern Petroleum. È dal 2012 che si parla della possibilità di estrarre petrolio nel territorio novarese, esteso fino all’area di Malpensa. Le aree interessate dall’attuale permesso di ricerca, che scadrà nel 2020, sono le seguenti: per il Piemonte 454,49 km2 nelle province di Novara, Biella e Vercelli, mentre per la Lombardia 7,65 km2 nella provincia di Varese.

Shell e North Petroleum stanno lavorando da qualche anno su questo progetto, la stessa North Petroleum alla quale, nel decreto sblocca Italia, era stata concessa la compatibilità ambientale per le trivellazioni sulle coste pugliesi.

In base ai dati ministeriali (UNMIG) il petrolio italiano è ben poco, ma nonostante ciò molte compagnie petrolifere straniere puntano sull’Italia per l’estrazione di combustibili fossili; questo è dovuto al fatto che le royalties richieste dalla legge italiana (10% quando l’estrazione avviene su terra ferma e 7% quando avviene in mare) sono molto inferiori a quelle richieste dalle leggi di altre nazioni: in Indonesia 85%, in Russia 80%, in Danimarca 70%, in Alaska 60%, poi ci sono il Canada e gli Usa rispettivamente al 40% e al 30% per cento. Questo vuol dire che in Italia, ogni 100 euro di valore commerciale del petrolio estratto, l’azienda appaltatrice versa allo stato 10 o 7 euro, mentre in Russia per lo stesso valore estratto versa 80 euro. Quando invece noi compriamo un paio di mutande – per chi ancora può permettersele – lo Stato si prende il 22% del valore del prodotto e lo stesso vale per acqua minerale, vino e migliaia di altri prodotti. Tanto per fare degli esempi.

Per comprendere ancora meglio perché l’Italia sia uno degli obiettivi di queste aziende, è interessante leggere l’opuscolo ministeriale riguardante l’argomento, il quale dice testualmente : “Quello che si propone è quindi molto simile ad un gioco d’azzardo: la compagnia petrolifera fa ricerche spendendo grossi capitali ma, se trova petrolio o gas, li recupera ampiamente (compensando i casi in cui non trova niente), versando allo Stato solo una parte dei ricavi provenienti dalla vendita del petrolio.” E poi ancora “le royalties richieste dalla legge non sono molto alte e così vari operatori trovano interessante fare le ricerche in Italia.”

Tana libera per ENI, Shell e tutte le controllate di North Petroleum.

«Ma le cose stanno rapidamente cambiando e il futuro della ricerca petrolifera si profila sempre più “non convenzionale”»

Eni scuola sulle risorse “non convenzionali”

Il piano di ricerca per la trivellazione di cui abbiamo parlato fin’ora non è l’unico che coinvolge questa zona. Un altro Permesso di Ricerca denominato Cascina Graziosa per la ricerca di idrocarburi “non convenzionali” (ossia più viscosi, che necessitano di lavorazioni più complesse), comprende un’area 379,2 km2 per il Piemonte (provincia di Novara) e 213,3 km2 per la Lombardia (province di Milano, Varese e Pavia).

Osservando questi due progetti emerge un’immagine della Lombardia come di una zona franca in cui è permessa la manbassa di qualsiasi risorsa naturale, oltre che qualsiasi “scorribanda” ambientale. Come non citare Pedemontana, bretella SS341 – SS336, ampliamento Malpensa e costruzione di nuove infrastrutture di collegamento ferroviarie? Tutte opere che contribuiscono, in maniera evidente, alla devastazione di un territorio esageratamente antropizzato non sui bisogni reali dell’uomo, ma su bisogni indotti finalizzati al profitto.

Tra il 2012 e 2014 comitati per la difesa del territorio si erano mobilitati, manifestando la contrarietà a queste decisioni piovute dall’alto. Ma si sa, il potere delle lobbies non si ferma davanti alle scartoffie, avanza come un rullo compressore. Soltanto la determinazione di chi questi territori li vive, di chi si mobilita per difendere un territorio ridotto ormai all’agonia, può fermare lo strapotere di queste multinazionali per le quali conta soltanto il profitto, con la messa in valore del n’importe quoi.

Riteniamo importante – Salento docet – prima ancora che arrivino le trivelle, non stare a guardare gli studi preliminari (che poi consisterebbero nel far esplodere delle cariche di esplosivo, provocando onde sismiche riflesse dagli strati sotterranei, che verranno poi analizzate per tracciare una mappa del sottosuolo), ma muoverci per evitare qualsiasi tipo di speculazione.Cartina_trivellazioni