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IN ESTREMA SINTESI: CONTRO STATO E CAPITALE

Diversa attenzione mediatica hanno avuto due episodi diversi ma collegati tra loro.
Ci riferiamo innanzitutto all’esecuzione di un sindacalista, Soumalia Sacko, lo scorso 3 giugno in provincia di Vibo Valentia. E’ stato ucciso con un colpo di fucile da 60 metri di distanza mentre raccoglieva delle lamiere in un campo per costruirsi una baracca. La sua uccisione però deriva dal suo impegno coi sindacati di base (USB) per far valere i diritti di quei lavoratori che nei campi del sud si spaccano la schiena per due euro l’ora, la schiavitù dei giorni nostri. Schiavi per i quali, secondo il nuovo Ministro dell’Interno Matteo Salvini, col nuovo governo finirà la pacchia.
E mentre sul confine con la Francia a Bardonecchia il disgelo porta alla luce il cadavere di un migrante che ha provato ad attraversare il confine, Salvini decide di giocare con la vita di 600 persone a bordo di una nave. Questo il secondo episodio che ha avuto a differenza del primo un’eco ben diversa con presidi in diverse città italiane.

Diciamo che i due episodi sono collegati perché sono entrambi figli delle esigenze del capitale.
Soumalia Sacko è stato ucciso per logiche di schiavismo agrario, nuova frontiera dello sfruttamento che il capitale riesce a esercitare sui senza diritti. Ci riferiamo alle migliaia di schiavi del neocolonialismo che si trovano a lavorare 10 ore al giorno sotto il sole per venti euro, ci riferiamo a quelli costretti a vivere di stenti in baracche di lamiere. Non ci stupisce che la stampa mainstream abbia calcato la mano sul fatto che la mano che ha esploso il grilletto fosse legata alla ‘ndrangheta, ma le mafie nelle piantagioni svolgono il ruolo che altrove potrebbero svolgere i fascisti: il braccio armato della proprietà, gli sgherri dello sfruttamento. Ma non bisogna farsi distrarre, si chiama capitalismo e sfrutta e uccide.
Anche l’episodio dell’Aquarius può essere preso a emblema di come la questione sia più che mai radicale e a fondo. la maggior parte della gente su quella barca ci ha visto o clandestini (coloro che hanno un’idea tendenzialmente chiusa di società) o futuri cittadini (coloro che hanno un’idea tendenzialmente aperta di società). Ma lo sguardo, in un’ottica o nell’altra, è comunque in funzione sociale. Se provassimo a toglierci le lenti con cui guardiamo il mondo dal nostro punto di vista, forse, ci avremmo visto solo seicento persone. Seicento persone che senza società, forse, provvederebbero da sé allo spostamento, al cibo e a quant’altro. Coi rischi annessi e connessi. Come dice Fourier il contratto sociale ha oggi meno senso che mai: ci consegna nient’altro che le catene costringendo i più a morire per fame, o alla ricerca di soddisfare questo bisogno (morti sul lavoro, nel Mediterraneo, per logorio…).
Chi ti lascia senza casa è lo stesso che costruisce armi e genera nuove guerre, chi ti sfrutta al lavoro e ti costringe ad averne uno è lo stesso che uccide nel Mediterraneo. Si chiama Capitale e il capolavoro di quest’epoca è averlo reso apparentemente invisibile ai più, che si dimenano come animali al macello uno contro l’altro.
Di fronte a questa quotidiana barbarie è importante affilare lo sguardo e individuare con cura le cause e rapporti economici che portano 600 persone a essere merce di trattativa di politica internazionale tra Stati europei, così come quelle che uccidono un sindacalista di 29 anni nei campi schiavistici del sud Italia.
La barbarie è il capitalismo. La stessa barbarie di fronte a cui i partiti cosiddetti populisti sono riusciti a essere considerati dalla maggioranza dei votanti come forze antisistema, pur essendo naturalmente totalmente funzionali al capitale.
Solo con un estremo sforzo di immaginazione potremmo pensare che una possibile uscita da questa fogna, che ogni giorno ci umilia e immiserisce anima e corpo, sia accodarsi al carrozzone dei cadaveri della sinistra.
Contro Stato e Capitale: ben altro che vuoto slogan dei tempi che furono, potrebbe essere oggi qualcosa di cui parlare in ogni angolo di qualunque strada in qualunque città (forse quasi qualunque città).