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IN BORSA
I tulipani virtuali nel bulbo del mercato azionario
di Bruno Perini
da Il Manifesto del 10.02.00


E' possibile paragonare la follia che nel 1600 fece scattare la caccia ai tulipani con la febbre per tutto ciò che ha vagamente a che fare con Internet? La tentazione è forte. Quando un titolo come Tiscali capitalizza in Borsa più della Fiat, inducendo qualcuno nell'illusione che la società di Renato Soru possa scalare il colosso torinese, quando la caccia ai titoli Internet viene fatta senza neppure sapere cosa produce una società o quali sono i suoi conti economici, quando si aprono ogni giorno centinaia di portali sapendo che si mettono sul mercato scatole vuote destinate a chiudere nel giro forse di una stagione, quando un titolo come Basic-net, (azienda che porduce jeans), esplode in Borsa per via del nome, quando ci sono risparmiatori disposti a pagare un sovrapprezzo pur di ottenere un titolo Internet nella fase del collocamento, c'è qualcosa di strano e forse di preoccupante.

I sintomi di "follia" che fanno pensare all'epoca in cui il prezzo di un bulbo veniva spinto a livelli incredibili solo per la sua rarità, sono molti. E altrettanto forte è il timore che come allora prima o poi la bolla speculativa esploda e irrompa sui mercati mondiali con la violenza di un terremoto. Alan Greenspan l'ha capito che i mercati azionari stanno seduti su una polveriera per via della febbre Internet e con molta cautela governa il mercato borsistico e quello dei tassi in modo da raffreddare i titoli tecnologici ed evitare cadute devastanti.

Catastrofismo? Qualcuno arriccia il naso. C'è chi non è affatto convinto che la febbre di Internet sia riducibile alla classica bolla finanziaria. Anzi, i protagonisti della cosiddetta New Economy parlano addirittura di nuova rivoluzione industriale e qualcuno paragona la rete Internet alle ferrovie e al ruolo che ebbero nell'espansione del capitalismo ottocentesco. Da qualche tempo tra l'altro ci sono anche gli hackers, i moderni luddisti. Più rivoluzione di così si muore.

Francesco Micheli, fondatore assieme a Silvio Scaglia di E-Biscom, una società di telecomunicazioni che verrà quotata in Borsa a Pasqua e che probabilmente farà un botto simile a quello di Tiscali o Finmatica, è convinto che non si possa parlare in alcun modo di bolla finanziaria o speculativa: "E' una grande sciocchezza interpretare ciò che sta avvenendo con quelle categorie interpretative. La verità è un'altra: quello che sta avvenendendo è il frutto di dieci anni di investimenti nell'alta tecnologia, fatti soprattutto dagli Stati Uniti. L'economia mondiale sta mutando rapidamente e noi ce ne dobbiamo rendere conto al più presto. L'Europa? Sta semplicemente imitando ciò che è avvenuto negli Stati Uniti".

Eppure si ha la sensazione che ci sia poca corrispondenza tra la capitalizzazione di Borsa e la consistenza reale di alcune società. "Certo, in questa prima fase il mercato fa di tutta l'erba un fascio. E poi ciò che crea valore è la scarsità dei titoli Internet. Ma sarà lo stesso mercato a fare giustizia e a selezionare le società buone da quelle cattive. E' già accaduto nei paesi dove il fenomeno è più sviluppato". Il rischio tuttavia rimane: fino ad ora le società del settore hanno succhiato quattrini e investimenti. Prima o poi dovranno distribuire utili e dividendi. Non le pare? "Io credo che le cose che fanno e che faranno la differenza siano la presenza di asset, la clientela e un management credibile sui mercati mondiali che sia quindi in grado di mantenere le promesse sugli utili attesi e sui conti economici. Senza questi tre requisiti è difficile restare sul mercato".

Resta il fatto che in piazza Affari c'è la coda per le società che vogliono quotarsi in Borsa. E' una coda lunghissima. Gli apripista saranno I.Net, una società partecipata da British Telecom e da Soros; E-Biscom, la società di Micheli e Scaglia in partnership con l'Azienda Energetica di Milano; Freedomland, la società di Virgilio De Giovanni che lavora nel settore dell'Internet Television; Tin.it, il provider di Telecom Italia. Ma questa pattuglia, composta per la gran parte da società solide o comunque con un business plan definito, saranno seguite da un esercito di operatori a volte ignoti che hanno come unico scopo di quotarsi in Borsa, finanziarsi sul mercato e drenare capitali. I più pericolosi sono gli operatori Internet che sperano in questo modo di poter imboccare scorciatoie con pochi investimenti e tanti capital gains.

Michael Mauboussin, numero uno della Credit Suisse First Boston per gli investimenti negli Stati Uniti, sul Sole 24 ore on line mette in guardia da facili entusiasmi senza tuttavia demonizzare il fenomeno: "Anche per le società Internet e i titoli tecnologici vale la stessa regola utile per valutare le società tradizionali ai fini di un investimento: bilanci soddisfacenti che mostrino prospettive di crescita. Oppure, per le start-up, business plan con obiettivi di crescita ambiziosi ma realistici. E' vero infatti che i mercati sono fortemente influenzati dalle aspettative diffuse; ma queste dovrebbero formarsi in base a conoscenze reali sulla società, non sul sentito dire. L'irrazionalità causata da ignoranza può risultare davvero dannosa. D'altronde - aggiunge Mauboussin - le aziende tecnologiche sono basate sul valore della conoscenza e non dei beni fisici. Il valore di Microsoft è nei suoi uomini non negli asset. Nell'arena dei titoli tecnologici credo che quest'anno ci saranno molti scossoni. Le aziende stanno spendendo molti soldi per diventare leader del settore ma poche ci riusciranno. Diverse chiuderanno, molte saranno acquisite e ci saranno parecchie fusioni".

Correzioni, sostiene il manager, ce ne saranno. "Non è una questione di se ma di quando". Nonostante ciò alcuni economisti sono convinti che ormai Internet sia lo spartiacque tra passato e futuro. "Da qui ai prossimi dieci anni - afferma il premio Nobel per l'economia Gary Becker - i paesi che avranno potuto godere della rivoluzione tecnologica che passa da Internet saranno avanti, i paesi ancora legati alla vecchia economia saranno indietro".



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