Il tempo è la malattia della realtà. In carcere, sembra che avveleni l’atmosfera. L’aria si ispessisce come fosse invasa da limatura di piombo, e giorno dopo giorno i nostri polmoni vengono infestati da questo ossigeno così tossico che ci pesa sempre di più con ogni giorno che passa.

Ti senti così oppresso che ad un certo punto inizi a pensare che ad ogni passo ti viene tolto un giorno di vita; ogni passo e un giorno in meno, ogni passo e un giorno in meno.

Durante questi quasi sei anni e mezzo della mia prigionia ho sempre avuto la sensazione di sprecare così tanti giorni mentre mi spostavo incessantemente avanti e indietro dai tribunali. Ho visto così tante volte ripetutamente lo spregevole rituale dei processi svolgersi in nome della Democrazia, e ogni singola volta me ne sono andato con la condanna di un pacco di decenni sulle mie spalle.

Tuttavia, non sono solo le pesanti condanne impostemi da tutta questa barbarie burocratica che tritura le vite nella macina della giustizia quelle che mi disturbano maggiormente, ma anche lo stile arrogante e moralista dei giudici che giustiziano la nostra libertà, mentre mantengono l’illusione di rappresentare qualcosa di speciale.

Adesso, quindi, ci troviamo sul percorso di un nuovo ciclo di processi, dove sono sono state riesaminate le correttezze o meno delle decisioni giudiziarie dei procedimenti di primo grado. Personalmente, non ero presente a questo processo per supplicare mitigazioni o commutazioni, ma per confrontare la propaganda dell’autorità, una propaganda che cerca di legittimare moralmente e politicamente le nostre condanne. Per la sovranità è alquanto importante e opportuno non solo eliminare i propri nemici tenendoli rinchiusi per anni, ma pure decostruire le loro personalità, in modo che i loro motivi e le loro azioni appaiono egoiste, oscure, sporche e tutto tranne azioni che mirano al nucleo stesso della sovranità: al potere.

Per la Democrazia siamo solo dei criminali comuni. Anche se ci chiamano terroristi, se votano leggi speciali per processarci, creano unità speciali per perseguitarci, anche se veniamo processati in tribunali speciali da giudici speciali, selezionati specificamente per queste occasioni, anche se ogni tanto ci rinchiudono in isolamenti speciali o ci infliggono ogni possibile o improbabile scenario di privazioni di vari diritti acquisiti dei detenuti, loro ci considerano innanzitutto dei comuni criminali. A questo punto assistiamo alla seguente particolare inusualità. Anche se le nostre azioni teoreticamente rientrano nel comune reato penale, l’intero sistema politico sente il bisogno di condannarle politicamente su base continua con espressioni di oltraggio. Lo stesso vale per tutta la marmaglia di giornalisti, accademici di ogni specie, figure da palco artistico di sinistra progressista e in generale per vari personaggi di rilievo riconosciuti della società.

Tutti loro cercano di affermare ripetutamente quanto veramente è detestabile la cultura di violenza, e come la Democrazia non possiede vicoli ciechi. Non c’è mai stato così tanto chiasso, ovvio, attorno qualunque altro comune reato penale, e sicuramente non assisteremo a delle sorprese in futuro.

Tuttavia, in questi procedimenti giudiziari i p.m. spesso sentono il bisogno di aggiungere qualche posizione politica ai propri, solitamente, discorsi sconnessi, all’infuori di tutte le indicazioni giuridiche.

Nei processi di questi tipo abbiamo spesso sentito i p.m. affrettarsi a commentare politicamente il significato di terrorismo e di crimine politico, e perché nella Democrazia la protesta deve avere dei limiti.

Più regali dello stesso re, i p.m. si presentano con la veste regale color Porpora della Democrazia predicando la sua superiorità morale, politica e culturale, solo per concludere con il classico antico ben noto verdetto che non c’è peggior male dell’anarchia.

Non devono, naturalmente, ripetere le parole che Sofocle ha messo in bocca a Creonte nella sua famosa opera “Antigone”, ma il significato rimane sempre uguale. I p.m. con i loro giudizi, rappresentando l’universo di valori dell’autorità, non si accontentano di adottare le solite convinzioni, ma cercano anche di schiacciare l’opposizione pratica all’autorità democratica e la violenta contestazione delle sue leggi e istituzioni. Quindi, questi processi speciali ufficialmente si rifiutano di ammettere che in realtà noi siamo prigionieri di guerra, mentre contemporaneamente si sforzano ansiosamente di difendere i massimi valori della Democrazia, come l’ultimo baluardo della legalità morale del sistema. E questo può, semmai, costituire solo un’ammissione indiretta che questi processi sono in realtà dei processi sui valori.

Nel mondo reale, materiale, percepibile attraverso i nostri sensi, le idee prive di azioni relative sono vane, vuote, private di contenuto e significato. Se oggi sono ostaggio dell’autorità, processato ripetutamente, sia al primo che al secondo grado, è perché ho lasciato che l’idea di anarchia trovi la propria strada dentro di me e ho scelto di vivere lottando in vari modi contro l’autorità.

Innamorato di valore di libertà assoluta, fortemente e profondamente convinto che ogni tipo di potere – anche se si presenta ogni volta sotto un aspetto diverso – non è altro che un cappio attorno al collo delle persone, che stringe e strangola le loro libertà; ho sempre odiato leggi, regole e la moralità del vostro mondo.

Ho disprezzato ogni autorità, riluttante ad ogni senso di disciplina, e amato l’idea di ribellione come una continua pratica opposizione al potere. Essere affascinato dalla bellezza di libertà assoluta come valore non è stato solo un capriccio della mia adolescenza, né un parossismo giovanile creato da qualche facile eccitazione adrenalinica, e non è sicuramente stato una conseguenza di qualche passaggio casuale lungo i corridoi di una biblioteca di scrittori anarchici.

Nell’epoca quando la protesta sociale e ogni lotta sociale erano considerate come minimo antiquate, sorpassate, residuo di una vecchia epoca grafica, che deve essere collocata in un mausoleo onorario, o un campo di valorizzazione del sindacalismo richiedente diritti (sia per lavoratori che per studenti), che ha unito tutte le clientele politiche e una spregevole scadente politica, l’unica dinamica sociale che ha lottato in termini combattivi è stato il mondo dell’anarchia e del più ampio anti-autoritarismo. Ho scelto di diventare parte di questa dinamica, ma anche le condizioni sociali di questa epoca hanno fortemente formato la mia visione generale del mondo.

A metà degli anni 2000, quando ho iniziato a partecipare a varie iniziative del movimento anarchico, la realtà socialmente plasmata irradiava una desolazione assoluta. L’egemonia politica del sistema aveva in realtà costruito due possenti pilastri della società:

1) Da un lato, le corruzioni sistematica di strati sociali più bassi, applicata come politica centrale del governo social-democratico al potere dal 1980 in poi, aveva creato un intero universo caotico di posizioni incoerenti su base di classe, che ha portato ad una ristrutturazione radicale delle classi sociali in quell’epoca.

Questa volatile mobilità sociale aveva sviluppato, di punto in bianco, nuove categorie di nuovi ricchi, mentre la detestabile (addirittura per la ex sinistra politica) precedente classe di piccola borghesia cresceva a dimensioni inconcepibili, dato che nel giro di quindici anni i dipendenti pubblici, piccoli e medi affittuari, proprietari di immobili, imprenditori (i cosiddetti piccoli padroni) e lavoratori autonomi aumentarono di migliaia.

La carenza di manodopera a basso costo (es. schiavi che non hanno nulla da vendere eccetto le proprie catene) creata da questa informale riforma sociale socio-democratica è stata successivamente convertita dalla politica di frontiere aperte, condotta dal 1990 in poi con enormi flussi migratori che hanno inondato tutto il territorio greco. I buchi apparsi nel settore produttivo sono stati tappati dal lavoro disponibile a basso costo di migliaia di immigrati, che hanno costruito con il proprio sudore e talvolta anche col sangue, in peggiori condizioni di sfruttamento (sopratutto lavoro nero), il piccolo miracolo della società greca, mentre contemporaneamente la grande maggioranza della società si godeva allegramente i giorni dell’abbondanza, spesso affilando i suoi istinti razzisti.

Questa strategia di democrazia sociale greca mirava apparentemente a soffocare la rabbia sociale che esplodeva fino al 1980, e a mantenere il contratto sociale senza agitazioni radicali. Però, anche se queste strategie social-democratiche non rappresentavano nulla di nuovo – al contrario, sono state ampiamente sviluppate nel passato, anche da importanti figure del panteon comunista come Marx e Lenin (che parlavano della capacità della socialdemocrazia di corrompere ampi settori di classe operaia, creando un’aristocrazia operaia con confini indistinti in relazione alla stessa classe operaia, che costituisce il pilastro sociale della borghesia o le basi sociali dell’opportunismo) – no vi era alcun baluardo politico concreto contro questo avanzare di corruzione sociale, dato che solo alcune organizzazioni rivoluzionarie di guerriglia urbana lottavano contro tutto ciò, come lo ha fatto anche l’anarchia assieme ad alcune parti delle generazioni più giovani, che formavano un faro di insurrezione e di resistenza a tutto questo degrado.

E inoltre, questo è il motivo per cui sono stati colpiti da un’implacabile repressione statale.

Certo, anche se lo Stato greco era fin dalla sua costituzione nient’altro che un paese patetico dipendente, legato col cappio di indebitamento esterno a interessi geopolitici di altre potenze o, comunque, uno Stato senza qualsiasi tipo di avanzato sviluppo industriale senza sfruttamenti in paesi terzi, la socialdemocrazia greca era riuscita a formare, in termini assoluti, una delle più disgustose e crudeli aristocrazie di lavoro forse mai esistita.

Da un lato, hanno utilizzato le sovvenzioni europee e gli stanziamenti finanziari, come anche la sfrenatezza guidata dal settore finanziario mentre calpestavano le schiene e i corpi di schiavi-immigrati, dall’altro, le basi dell’opportunismo sociale greco si ampliarono talmente tanto che le differenze tra gli interessi di classe vennero allineati.

E’ sotto queste circostanze che nasce l’identità comune del greco moderno nel campo sociale.

I valori di corruzione, avarizia e cannibalismo sociale assoluto regnavano, mentre ovunque ti volgevi potevi vedere la conferma del proverbio esistenziale di Kazantzakis: l’uomo è una bestia. Se lo ferisci, ti rispetta e trema per paura di te. Se lo tratti bene, ti strapperà gli occhi.

2) Dall’altra parte, ora abbiamo la brutale imposizione dell’ideologia predominante utilizzata come nutrimento culturale. Le prime visioni di canali televisivi privati iniziarono a scrivere un capitolo completamente nuovo nella storia della vita politica di questo paese, dato che vari gruppi di imprese dietro ogni canale si trovavano ogni volta spalla a spalla con uno o altro gruppo di autorità. Ovviamente, c’era solo una parte. L’altra parte era che, allo stesso tempo, un’inaudito lavaggio culturale del cervello iniziava lentamente a istituire la dittatura della cultura di massa. La civiltà e lo stile di vita occidentali venivano altamente promossi come una via a senso unico, mentre simultaneamente un’incredibile offerta eccessiva di prodotti delle multinazionali riempiva le vetrine e gli scaffali dell’abbondanza con un mucchio di merci, sia beni di prima necessità che beni interamente costruiti su basi culturali del consumatore, che ben presto divennero un’ideologia (consumo dunque esisto).

L’effetto della pubblicità sull’emotività e subconscio comuni non ha portato solo ad un’aumento artificiale della circolazione monetaria, ma ha anche decisamente rafforzato l’imposizione di standard estetici, di ruoli sociali stereotipati e di una percezione generale dello stile di vita, del modo di pensare e di divertirsi. E questo veniva riflesso anche nell’edilizia urbana. Bar, fast food, centri commerciali come Village, Mall ecc. crescevano come funghi assieme alla sfrenata industria dell’intrattenimento notturno, causando la trasformazione urbana di molte aree, che divennero zone commerciali notturne o zone di intrattenimento alternativo, popolare, di lusso o di tendenza.

Naturalmente, neanche la modernizzazione del trasporto pubblico e semi-pubblico durante questo intero processo di rigenerazione urbana non rimase completamente innocente.

Inoltre, l’effetto interattivo dello spettacolo sull’immaginario collettivo iniziò a deformare sempre di più la coscienza della maggioranza sociale, attraverso una civiltà nauseante che produsse uno stile di vita, un sistema di grandi star e vari reality e talent show.

Così è nato questo mostruoso modo di pensare, che distorce ogni valore reale (solidarietà, mutuo soccorso ecc.), mentre la percezione umana di relazioni sociali è stata drammaticamente alterata.

Perciò, ogni relazione che poteva implicare un puro altruismo (come amici, amore, compagni) è stata distorta, e di conseguenza la percezione più diffusa di tutti i tipi di relazione è diventata che se non sono puramente strumentali, allora non vanno bene.

Questo modo di comprendere le cose, come la vita stessa e le relazioni umane, divenne dominante in un modo così assoluto che anche un’apparente deviazione da questa norma (conscia o subconscia) entrò in collisione con un forte razzismo sociale e una moltitudine di pregiudizi sociali, espressi talvolta sotto forma di una svalutazione collettiva, disprezzo, scherno ecc, e altre volte in forma di un’ostilità aperta, odio e cannibalismo contro ogni personalità differente.

Così, consapevole della desolazione sociale della mia epoca, una desolazione che ha modellato un’identità collettiva diffusa di cannibalismo, di un “noi” cannibale collettivo, ostile verso tutto ciò che è differente, verso tutto ciò che mette in dubbio, in questione, che si rivolta contro l’esistente e lo attacca, ho compreso che semplicemente la scelta di voler essere un anarchico non era altro che una scelta antisociale, in quanto rifiuta l’orientamento dominante.

Perciò, mi sono opposto ad una società che non consideravo un’indivisibile somma di persone, come a molti che attaccano gli spaventapasseri delle nostri posizioni piace pensare, ma una macchina per riprodurre tutte le predominanti ideologie, posizioni, relazioni, valori. A dispetto di una società-lavanderia di tirannia dominante, cioè democrazia, di sue leggi e istituzioni, a questo incessante collettivo Noi che schiaccia e macella ogni diversità, in tutti i modi possibili, ho scelto di difendere un’Io, un’Io sovversivo, un’Io anarchico, un’Io disposto a sostenere i valori, anche se solamente questo sarebbe sufficiente a trovarsi tutti contro. Un’Io che apprezza di più il valore di una bellissima foresta, che un’infinita giungla di cemento in cui le formiche umane sono continuamente in movimento vivere per lavorare, lavorare per consumare, consumare per esistere ed esistere per lavorare. So che quando parlo della coppia Noi-Io, sorprendo molti e irrito le loro argomentazioni. Tenete presente che il Fascismo, come il Nazismo, sulla loro via verso il dominio, attraevano il Noi collettivo. Dall’altra parte, il federalismo radicale anarchico non ha mai ritenuto che il Noi sia sopra l’Io, ma che esista un’equa e armoniosa coesistenza tra i due.

Quindi, nella mi mente ero ben presto arrivato alla posizione che difendere un valore, un ideale, un sogno o qualunque cosa consideri etico e giusto, e lottare per esso, non può essere soggetto di trattative, che dipendono di quante persone hai dalla tua parte o quanto attrattivo sia questo tipo di vita alla maggioranza della società.

Difendere le cose che consideri di più alto valore può essere anche una scelta personale che non solo non perde affatto in validità, ma anzi la rende molto più bela, anche se più difficile.

Non hai bisogno di contenuto sociale o del sostegno della gente per sostenere la posizione che “la terra gira”, dato che la superiorità morale di un tale atteggiamento verso la vita è valutato in termini morali, e non in quelli superficiali. Da questo punto di vista, difendere liberamente che la Terra gira, anche quando l’intera società desidera vederti bruciare sul rogo, cos’altro può essere se non una scelta contro la società, perciò antisociale?

Quindi, quello che per me aveva un valore, che pensavo valesse la pena difendere e combattere per ciò, era precisamente il valore dell’anarchia, il valore della libertà totale. Anch’io ho spento innumerevoli momenti sognando ad occhi aperti un mondo libero, in cui persone completamente libere stringono tra di loro relazioni totalmente libere, ma quando mi sono svegliato da questo sogno ad occhi aperti, trovandomi davanti la realtà sociale, sono passato ad un cinico realismo politico come niente di tutto ciò è raggiungibile senza la completa distruzione della società, dell’utero di tutte queste condizioni che formano le oppressioni che schiacciano le nostre vite.

Considerando che adesso vivo in un ambiente ostile, dove tutti attorno a me sono disposti a rivoltarsi contro persone come me, solo perché siamo differenti, ho adottato questo cinico realismo politico anche come una visione delle cose, ed è questo realismo che io personalmente chiamo nichilismo.

Quindi, come anarchico ho adottato logiche e metodi di insurrezione personale e collettiva, scegliendo di stabilire una relazione di rottura con l’esistente e la sua struttura politica, e anche con la società che la riproduce, dato che la sua legalizzazione nella coscienza sociale è più che scontata.

Ho considerato e vissuto la mia adesione e partecipazione in Cospirazione delle Cellule di Fuoco come il mio imbarco su una nave pirata che non aveva intenzione di finire in un porto sicuro e protetto, ma pianificava di attraversare ignote e inesplorate acque di libertà selvaggia, e l’attacco anarchico estirpando la colonizzazione moderna dalle nostre vite, e considero questa esperienza meravigliosa e toccante, di cui mai mi pentirò.

La Cospirazione delle Cellule di Fuoco, almeno da come io l’ho vissuta, mi ha offerto la possibilità di trasformare i desideri di negazione, attacco e distruzione in azione collettiva, anche se allo stesso tempo era qualcosa in più.

Più importante di dozzine di attacchi contro i bersagli di sovranità e sistema (che eviterò menzionare nuovamente) era il fatto che ho vissuto l’opportunità di trovarmi assieme ad altri compagni in uno scontro frontale con la Dittatura della cultura di massa e ideologia dominante, che si sono radicate profondamente nella società come un tumore con molteplici metastasi.

Evitando la trappola di un patetico populismo, incapace di chiamare una spada spada, a causa del bisogno di appellarsi alla società e alle orecchie già ostili e pervenuti verso di noi, abbiamo insieme deciso di procedere con una descrizione critica della società, delle dinamiche sviluppatesi e delle parti sociali turbinanti nel suo interno.

La posizione critica non ha intenzione di proporre un olocausto cieco e generale, ma un approccio scettico e discutibile su vari comportamenti sociali, dopo essere tutti stati descritti da importanti personalità comuniste, famosi filosofi esistenzialisti, individualisti anarchici e nichilisti di altre epoche, neo-marxisti di varie scuole, teorici situazionisti, come anche da numerosi scrittori e poeti politicamente orientati di tendenza etico-sociale.

Forse mi sono pentito di molte cose nella mia vita, ma la scelta di contribuire ad una strategia non sarà mai una di queste.

Adesso, per quanto riguarda la mia presenza nella famosa casa di Chalandri, l’unica cosa che posso dire con certezza è che non rientra nel resto dei rapporti più ampi, amichevoli e famigliari, come è successo ad altre persone, finite per essere accusate in modo totalmente arbitrario.

In tal senso, non posso fare altro che prendermi la piena responsabilità per la presenza dell’ordigno esplosivo in quella casa, dato che ne ero a piena conoscenza.

Sono veramente dispiaciuto che un tale errore operativo, come tenere un ordigno esplosivo anche solo per un paio di ore in una casa completamente legale dove tante persone non pertinenti vanno e vengono, nel quale ovviamente io ero personalmente coinvolto, abbia provocato il montaggio di un’intera industria di procedimenti penali contro persone che non avevano nulla a che fare con le CCF. Tuttavia, il fardello morale di questa costruzione di dozzine di imputazioni graverà per sempre sull’unità antiterrorismo, come anche sulle autorità politiche e sui montaggi giudiziari che assicurarono un insabbiamento del machiavellismo e della razionalità dei procedimenti collaterali, a cui abbiamo assistito tutti questi anni, dal 2008 in poi.

Adesso voi, come parte di questo ascesso, da che lato giudicherete il mio approccio verso la vita? In che modo può il fatto di aver scelto di armare il mio desiderio e adottare la violenza insurrezionale contro tutte le forme di tirannia, essere moralmente giudicato da personaggi come voi, che agiscono nel nome del mondo autoritario? Però, l’utilizzo di forza brutale fornita dal vostro approccio non vi basta, voi non vi accontentate di regolare il tempo della mia permanenza nelle celle della vostra democrazia, ma volete anche ripulire moralmente e politicamente la pietra tombale che cercate di mettere sopra la mia libertà, volete che tutto questo accada nel nome di presunti valori superiori e vantaggi morali. Ma non ce ne sono, neanche uno. Sarebbe sufficiente per ogni persona che non ha venduto interamente la propria dignità, vedere questa procedura per iniziare a detestare immediatamente voi e vostri presunti ideali superiori. Sarebbe sufficiente per una tale persona abbracciare l’idea di incendiare fino ridurre in cenere o addirittura di far saltare in aria un’aula di tribunale, anche se prima le era inconcepibile, solo guardando questa procedura, che visibilmente copre e insabbia contraddizioni scioccanti di procure prescelte.

Questo conflitto non è solo tra noi e quest’aula di tribunale, come non può essere isolato da tutta la storia umana. In questo conflitto la ricostruzione dell’antico conflitto tra Potere e Insurrezione, tra Disciplina e Disobbedienza è implicita. E’ vero che ho scelto la strada della violenza e che ho commesso atti di violenza. Ho rivestito la mia disobbedienza e la mia insurrezione di fuoco e polvere da sparo, e le ho dirette contro tutto ciò che il Potere simbolizza e serve.

Quando dicono violenza, è lo stesso, non importa da dove provenga, I sputo disgustato.

Perché l’arroganza del Potere che cerca il monopolio della violenza si nascondo in questa frase.

Perché, come può qualcuno paragonare la violenza dell’insurrezione, non importa quanto crudele e spietata può essere, alla violenza dell’autorità? Come queste due possono essere messe sotto un denominatore comune, come si permettono di equiparare queste due forme di violenza? Come può la violenza degli schiavi insorti di Roma essere uguale alla violenza dell’Impero Romano? Come può essere uguale la violenza dello schiavo insorto contro la frusta del commerciante di schiavi? Come può la violenza del tirannicida essere paragonata alla violenza del tiranno? Come possono tutti i tribunali del mondo, bruciati, essere paragonati alla libertà umana che marcisce sepolta da qualche parte in una tomba di cemento?

Perciò, non avete alcun vantaggio morale, nessun valore superiore con cui lavarvi le mani dalla decapitazione della libertà che state firmando. Io, dall’altro lato, ho dalla mia parte la rivincita morale che si erge contro l’autorità. E’ questo è più che sufficiente. Ed è molto bello di per sé, perciò non rimpiango le conseguenze di questa scelta. E sì, è vero che le conseguenze sono pesanti. Privazione della libertà, disabilità dei sensi, perdita di tutto ciò che davi per scontato e che apprezzi solo quando scompare, tutto questo viene seppellito, e più il tempo in carcere passa, più ti pesa. Così tanto che ad ogni passo che fai, hai la sensazione di sprecare un giorno della tua vita…

Però, la bellezza di aver scelto la lotta contro l’autorità ha un peso maggiore. Ed è per questo che non mi pento di questa scelta, ed è per questo che non sono mai stato disposto a patteggiare.

Non ho mai calcolato i miei valori in base al realismo o al fattibile. Il valore di anarchia, il valore di libertà totale è una delle cose più belle per cui combattere.

E ogni volta che mi sono chiesto se nonostante tutto avrei fatto la stessa scelta, la risposta è sempre stata di Sì. Avrei fatto la stessa scelta, anche se fosse stato come un pugno contro un coltello sin dall’inizio. L’avrei fatta anche se fossi stato l’unica persona al mondo a crederci, anche se tutto poteva sembrare in vano e privo di scopo, anche se avessi saputo che tutto sarebbero stato sepolto nell’oscurità e nessuno avesse mai scoperto che una tale lotta disperata esistesse, anche allora avrei fatto la stessa scelta. Perché, molto semplicemente, il valore dell’insurrezione non può essere negoziato.

Panagiotis Argyrou, membro della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, FAI/IRF