L’attività degli anarchici in Russia (1905-1907)

Orlowski-Rogdaev
 
Nell’agosto del 1907 si tenne ad Amsterdam un congresso internazionale anarchico. Per una settimana, anarchici provenienti da 14 paesi di tutto il mondo si incontrarono e dibatterono su vari argomenti. Al congresso erano presenti anche alcuni anarchici russi, i quali presentarono tre rapporti e uno studio sulla situazione nel loro paese che aveva appena vissuto la rivoluzione del 1905. Uno di tali rapporti è quello che qui ripubblichiamo, scritto da Orlowski e Rogdaev («questo pallido giovanotto che ha gli occhi che brillano di un fuoco strano»). Letto direttamente in lingua russa, senza traduzioni, questo documento passò del tutto inosservato. Considerato che la maggior parte delle discussioni che avvennero nel corso di quel congresso ruotavano attorno all’organizzazione e al sindacalismo, come avrebbero reagito i presenti se avessero inteso e riflettuto sul resoconto della furibonda attività degli anarchici russi all’alba del XX secolo?
 
 

Le idee anarchiche sono penetrate in Russia solo verso il 1902. I primi gruppi anarchici si sono formati verso il 1904, solo un anno prima della grande rivoluzione russa. Il primo problema che gli anarchici dovettero risolvere fu quello dell’atteggiamento da assumere, un atteggiamento consono con i princìpi anarchici, di fronte alla Rivoluzione politica russa.

Bisognava prendere parte agli avvenimenti? Oppure si doveva restare impassibili di fronte a quel movimento poiché i suoi scopi non erano conformi alle idee anarchiche?
Era un problema facile da risolvere. Gli anarchici russi avevano ben chiaro che un cambiamento istituzionale, anche se si fosse trattato dell’abolizione dell’autocrazia russa e dell’instaurazione di una repubblica democratica in Russia, non costituiva un miglioramento dal punto di vista anarchico. Ma capivano anche che ogni movimento rivoluzionario è di per se stesso efficace, giacché contribuisce all’educazione rivoluzionaria del popolo. Si erano inoltre chiesti se si fosse davvero in presenza di una rivoluzione politica oppure di un’insurrezione popolare a cui i rivoluzionari politici davano un orientamento politico, ma che gli anarchici avrebbero potuto a loro volta influenzare e indirizzare verso gli orizzonti della Rivoluzione sociale.
E poiché la rivoluzione era scoppiata al di fuori dell’organizzazione dei partiti rivoluzionari politici, poiché in molti punti le rivendicazioni del popolo insorto superavano di molto i programmi degli agitatori socialisti politici, poiché il popolo si impadroniva del cibo, dei raccolti, delle terre, delle miniere, delle fabbriche, e aveva scelto da solo, come mezzo di lotta, lo sciopero generale e il terrore, gli anarchici russi capirono di avere un immenso campo d’azione e di dover partecipare al movimento dovunque i giovani gruppi anarchici fossero già abbastanza forti da esercitare un’influenza sugli avvenimenti. Decisero di mescolarsi al movimento rivoluzionario, non per aiutare i socialisti politici e i costituzionalisti-democratici a giungere al potere e ad ingannare il popolo facendogli fare una rivoluzione politica, ma proprio per strappare il popolo dalle mani dei politici, per fargli tentare una rivoluzione sociale che, seppur abortita, sarebbe servita al popolo più di una Rivoluzione politica vittoriosa; insomma per insegnare al popolo a fare la Rivoluzione per se stesso, e non per gli intellettuali e la borghesia.
Dato che la propaganda anarchica in Russia era cominciata troppo tardi e i gruppi anarchici erano troppo deboli quasi ovunque all’inizio della Rivoluzione, l’attività degli anarchici si manifestò soltanto in qualche località durante i grandi scioperi generali politici d’ottobre e di dicembre del 1905.
Gli anarchici tuttavia agivano talvolta anche là dove non potevano minimamente pensare di stornare il movimento dagli obiettivi politici, sostituendo a questi ultimi degli obiettivi socialisti. In questi casi, partecipavano al movimento non perché ritenessero che un mutamento istituzionale fosse utile ai lavoratori, ma perché pensavano di poter partecipare alla Rivoluzione politica fin che si trattava di distruggere, di demolire l’autocrazia. Erano però ben decisi a continuare la lotta contro qualsiasi altro governo, sia che fosse un governo rivoluzionario provvisorio o una Repubblica democratica sorta al posto dell’autocrazia. Giacché, in effetti, non si può distruggere il capitalismo senza demolire il suo cane da guardia — lo Stato.
Per questo motivo presero parte agli avvenimenti di ottobre e di dicembre (del 1905), ed è per questo che attaccarono violentemente i rappresentanti del potere ovunque li incontravano sulla loro strada. Da qui, gli anarchici sulle barricate, tra gli altri rivoluzionari, in ottobre e in dicembre; da qui, i numerosi atti terroristici compiuti dagli anarchici.
Procedendo dritti davanti a sé verso la Rivoluzione sociale, gli anarchici russi non potevano che contare sulle proprie forze per distruggere lo Stato, e presero parte al movimento generale contro l’autocrazia. Lottando contro l’autocrazia, gli anarchici lottavano contro l’attuale governo, nel nome della distruzione completa dello Stato, e non nel nome di una costituente, d’una repubblica, ecc. Così, se gli anarchici russi prendevano parte al movimento diretto contro lo zarismo, essi erano ben decisi non solo a non partecipare ai «governi provvisori», ma a combatterli fin dall’inizio con analoga energia.
 

Quando, in seguito all’insurrezione iniziata il 9-22 gennaio (1905) a Pietroburgo dal pope Gapon, l’agitazione si diffuse in altre città, gli anarchici di Bialystok approfittarono del movimento di sciopero generale per trascinare le masse operaie e impadronirsi della periferica Krynki, sede di molte fabbriche tessili. La posta, il telegrafo, gli uffici, le fabbriche e i magazzini caddero in mano agli insorti. Gli anarchici volevano anche confiscare il denaro che vi si trovava, ma incontrarono l’opposizione dei bundisti (socialdemocratici ebrei).

Durante lo sciopero generale di ottobre, gli anarchici di Ekaterinoslav che si trovavano con gli altri rivoluzionari sulle barricate lanciarono due bombe sulle truppe e persero un compagno, ucciso dalle fucilate dei soldati. A Žitomyr, gli anarchici si mescolarono allo sciopero politico dandogli un orientamento economico.
Durante lo sciopero generale di dicembre, alcuni anarchici di Mosca presero parte all’insurrezione armata. Inoltre, altri gruppi anarchici si disponevano a prendervi parte non appena l’andamento dello sciopero generale fosse stato interrotto da qualche incidente: per esempio, il gruppo di Ekaterinoslav si era armato di bombe e ne aveva fornite ai socialisti rivoluzionari della città di Aleksandrov. In Caucasia, dove l’influenza degli anarchici era già considerevole, gli anarchici di Kutais erano alla testa del movimento e dirigevano le «Centurie Rosse», unità mobili di rivoluzionari.
In Georgia, dove i contadini si erano impadroniti delle terre, uccidendo o cacciando i poliziotti locali, gli anarchici intervennero e spiegarono loro che non era sufficiente impadronirsi delle terre, che bisognava anche organizzare la produzione su basi comuniste. Fu così creata la comune contadina di Gulgule che sopravvisse nove mesi, fino a quando fu distrutta dal governo centrale, che ne arrestò i promotori e ne fece occupare i locali dai cosacchi.
Quando, in seguito allo scioglimento della prima Duma (nell’agosto 1906), scoppiò l’insurrezione armata di Sveaborg, gli anarchici vi presero parte; il leader dell’insurrezione, il socialdemocratico Kokk, ritenendo che i rivoluzionari andassero «troppo lontano», si ritirò dal movimento. L’operaio anarchico Lonoto si mise allora alla testa del movimento con altri compagni e continuò la lotta.
Anche in occasione dei massacri di ebrei organizzati dal governo, gli anarchici, avendo sempre lottato energicamente contro ogni conflitto razziale, non rimasero inattivi. Durante i massacri di ottobre, gli anarchici di Odessa e di Ekaterinoslav organizzarono le loro «unità mobili di difesa degli ebrei», che svolgevano il proprio compito con maggiore o minore successo, difendendo la vita e le case degli ebrei dei quartieri poveri. Fu difendendo i quartieri operai ebraici dalle armate regolari che il compagno Jaša il sarto trovò la morte ad Odessa, dopo aver lanciato una bomba sulla truppa. Anche a Ekaterinoslav, gli anarchici difendevano gli operai ebrei dalle «bande nere», di cui uccisero alcuni esponenti. Il compagno Kravec fu assassinato da una «banda nera» a cui stava ordinando, revolver alla mano, di restituire agli ebrei poveri i vestiti e quant’altro fosse stato loro sottratto. Gli anarchici organizzarono «unità mobili di difesa» anche a Ekaterinburg (negli Urali) dove, durante tutto il mese di ottobre, il governo organizzò il massacro degli intellettuali. Nel mese di maggio del 1906, durante i massacri degli ebrei a Bialystok, gli anarchici presero parte energicamente alla difesa degli ebrei, anche col lancio di diverse bombe sui distaccamenti di soldati che fucilavano gli ebrei in via Surajskaja.
 

Dopo aver esaminato la parte avuta dagli anarchici russi nel movimento rivoluzionario politico, ci occuperemo degli atti isolati di terrorismo politico compiuti dagli anarchici. Sono innumerevoli, ma pur essendo per lo più attentati contro commissari, vice-commissari e agenti di polizia, gendarmi, cosacchi, spie, ecc., non bisogna tuttavia sminuirne il significato. Tanto più che quasi tutti gli agenti uccisi dagli anarchici erano conosciuti nelle loro località per la particolare crudeltà. E inoltre, compiuti spesso in massa, tali atti hanno una considerevole portata. Per poter dare un giudizio, esaminiamo il caso di Ekaterinoslav, dove, durante i tre mesi dell’estate del 1906, gli anarchici uccisero o ferirono una trentina di spie, cosacchi, agenti, vice-commissari e commissari di polizia. Un notevole panico s’impadronì della polizia dei sobborghi operai, in cui venivano uccisi poliziotti tutti i giorni, senza che gli anarchici autori degli attentati fossero arrestati; i poliziotti cominciarono a dare le dimissioni in massa. Questi atti terroristici isolati, diretti contro la polizia, ebbero la stessa diffusione in molte altre città, avvenendo un po’ dovunque.

Anche altri atti terroristici politici di maggiore portata furono compiuti dagli anarchici.
A Bialystok, gli anarchici lanciarono una bomba contro il posto di polizia, una contro la gendarmeria, una su una pattuglia di soldati (in seguito alla repressione di una manifestazione), una su un gruppo di poliziotti guidato dal vice-commissario generale. Due bombe furono lanciate anche contro il vice-commissario centrale Chodorovskij e il governatore generale Bogaevskij (organizzatori dei massacri di giugno). Vennero uccisi inoltre il commissario centrale e un vicecapo della polizia giudiziaria.
A Vil’njus venne lanciata una bomba in una riunione di poliziotti tenuta presso la residenza del governatore (molti morti e feriti).
A Varsavia fu lanciata una bomba su una pattuglia di gendarmi (molti morti e feriti).
A San Pietroburgo, lancio di una bomba su una pattuglia di poliziotti (molti morti e feriti).
A Nežin fu messo in atto un tentativo di far saltare l’ufficio di leva (nessuna vittima). Venne lanciata una bomba al posto di polizia (molti morti e feriti).
A Mosca è stato fatto scoppiare un micidiale ordigno nei locali della polizia giudiziaria (importanti documenti bruciati).
A Odessa, altro scoppio infernale nella gendarmeria (molti morti e feriti, importanti carte bruciate). Venne ucciso con una bomba il commissario di polizia Pogreboj, organizzatore dei massacri degli ebrei. Furono uccisi, inoltre, due famigerati agenti di polizia e il capo guardiano della prigione.
A Ekaterinoslav ebbe luogo un tentativo di far saltare le caserme dei cosacchi con un ordigno (nessuna vittima). Una bomba venne lanciata contro il posto di polizia di Kamenskoe (nessuna vittima). Gli anarchici prepararono anche alcune imboscate ai poliziotti; un petardo era stato nascosto in una casetta vuota; la polizia, recatasi sul posto, rinvenne e trasportò in caserma tre bombe che vi scoppiarono il giorno successivo, uccidendo sul colpo tre ufficiali dei cosacchi e un vice-commissario di polizia, e ferendo un agente. Gli anarchici uccisero, inoltre, il boia della città e ferirono un ufficiale che aveva schiaffeggiato un soldato che non lo aveva salutato.
A Baku venne ucciso il commissario centrale.
A Tbilisi, gli anarchici furono gli autori del primo attentato contro il vice-commissario generale Soladze. Attirarono la polizia in un’imboscata. Venne installata, in un locale vuoto, una micidiale macchina e si avvertì la polizia che nella casa c’era un deposito di bombe. La polizia si recò in forze sul luogo, ma non appena toccò l’armadio contenente l’ordigno, tutta la sala saltò in aria: il capo e il vice capo della polizia giudiziaria e due vice-commissari di polizia rimasero uccisi e molti poliziotti feriti.
 

Questa, l’azione politica degli anarchici In Russia. Passiamo ora all’azione economica. Gli anarchici si mescolarono a quasi tutti gli scioperi economici parziali o generali in tutte le località dove esistevano gruppi anarchici. Fermiamoci un momento su due scioperi generali a cui parteciparono; quello dei tessili a Bialystok e quello dei marittimi di Odessa.

Lo sciopero dei tessili di Bialystok e dintorni ebbe luogo nel mese di maggio 1906. I padroni si organizzarono in un sindacato e resistettero alle rivendicazioni operaie. Lo sciopero continuava e migliaia di scioperanti soffrivano la fame. Gli anarchici organizzarono allora «espropriazioni» in massa. Seguiti dagli scioperanti, attaccarono magazzini e depositi di viveri, impadronendosi di pane, carne, legumi, ecc. Inoltre si recavano armati nelle  case dei borghesi, sottraendo somme di denaro che poi distribuivano agli scioperanti. I padroni Gendler e Freidkin proposero al sindacato padronale di fare una serrata; molti padroni di altre fabbriche solidarizzarono con loro. Si aprì allora l’epoca degli attentati “terroristici” contro la borghesia. Gli anarchici lanciarono una dopo l’altra, sui palazzi dei padroni Gendler, Block e Bichert, tre bombe che causarono molti danni materiali ma nessuna vittima. La quarta bomba uccise il padrone Freidkin. La quinta, lanciata contro la casa del direttore della fabbrica Komachov, fece due feriti. La sesta fu lanciata contro la casa del proprietario Koleckij.
Questa pioggia di bombe generò un gran panico nelle file della borghesia locale; molti padroni fuggirono all’estero, fra cui Gendler promotore dei sindacati padronali. Ma venne ucciso dagli anarchici alla stazione, appena tornato da Berlino.
Il secondo sciopero, non meno noto, condotto dagli anarchici, fu quello dei marittimi di Odessa durante l’autunno-inverno del 1906. Gli anarchici sindacalisti che facevano parte del Comitato dello sciopero esercitarono una influenza decisiva, incoraggiando gli operai a portare la lotta fino in fondo, a non abbandonare il movimento a metà strada. Come gli anarchici di Bialystok, «espropriavano» la borghesia e distribuivano il denaro agli scioperanti. Praticavano anche l’azione terroristica. Gli anarchici fecero saltare la grossa nave Grigorij-Merk, che aveva ingaggiato dei crumiri (membri dell’Unione del popolo russo) ed era sul punto di scaricare; poi tentarono di far saltare altre navi nelle stesse condizioni, ma senza riuscirvi. Uccisero però i capitani Senkevič e Zolotarev, che cercavano entrambi di ingaggiare crumiri. Uccisero anche, durante quello sciopero, molti poliziotti responsabili delle persecuzioni di compagni autori degli attentati.
Gli anarchici intervennero in molti altri scioperi economici, praticando il terrore e il sabotaggio.
A Bialystok, nel corso di un precedente sciopero di tessili, un anarchico uccise a pugnalate il padrone Kogon che ingaggiava crumiri. Gli anarchici lanciarono due bombe sulla casa del padrone Večorek, durante lo sciopero della fabbrica metallurgica. Presero anche energica parte nello sciopero dei fornai, dei mugnai, dei sarti, dei calzolai.
A Odessa, gli anarchici si mescolarono a due scioperi dei panettieri e dei commessi del negozio Frenkel (praticando il sabotaggio), allo sciopero generale dei calzolai (ferendo due padroni), poi allo sciopero degli operai tipografi di una grande ditta, per la giornata di otto ore. Un anarchico uccise il direttore Kirchner, costituzionalista-democratico, che riteneva che gli operai dovessero chiedere e non esigere e, per tale ragione, non contento di assumere crumiri nelle stamperie che amministrava, ne aveva fatti arrivare anche per altri settori industriali, come ad esempio quello dei sarti. AI tempo dello sciopero di duemila operai calderai, il direttore Grečin venne ucciso dagli anarchici.
A Varsavia, durante lo sciopero dei fornai, gli anarchici versarono del petrolio nella pasta e, durante quello dei sarti, del vetriolo sulle stoffe. Nel corso di quest’ultimo uccisero e ferirono anche dei capireparto.
A Lodz, in seguito ad una serie di scioperi e di serrate, si verificò una serie di attentati alla vita di padroni e direttori di fabbriche; il direttore Rozental, della fabbrica Poznanskij, fu ucciso dagli anarchici.
A Riga, lanciarono delle bombe contro i tram per impedirne la circolazione durante lo sciopero dei tranvieri.
A Ekaterinoslav, in seguito allo sciopero e alla serrata di due fabbriche, Esau e Costruzioni di macchine, gli anarchici attaccarono i direttori; uno venne ucciso da una bomba, l’altro fu ferito più tardi, quando rientrò dall’estero, dove era riparato dopo la morte del primo.
A Baku, dopo i massacri tartaro-armeni, scoppiò uno sciopero in seguito ad una distribuzione ingiusta degli aiuti. Durò due mesi, durante i quali gli anarchici fecero delle «espropriazioni» e aiutarono gli scioperanti. Poiché i padroni non cedevano alle rivendicazioni operaie, gli anarchici uccisero i direttori delle fabbriche di Domguchanok e di Mantašelk.
Gli anarchici furono determinanti anche negli scioperi di Kutais, di Ekaterinburg, di Žitomyr.
AI di fuori degli scioperi, durante i periodi di disoccupazione, gli anarchici di Bialystok spingevano i disoccupati ad attaccare le panetterie e gli altri negozi di generi alimentari. Quelli di Mosca fecero una «espropriazione» di grosse dimensioni e distribuirono il denaro ai disoccupati.
Sempre al di fuori del movimento di scioperi, gli anarchici attaccavano la borghesia anche sul piano individuale. Così a Odessa vennero uccisi il direttore di una raffineria, odiato dagli operai, e un padrone lattoniere. Gli anarchici di Ekaterinoslav uccisero e ferirono un padrone fornaio costituzionalista-democratico che maltrattava i suoi operai, un amministratore capo delle ferrovie, il vicedirettore di una fabbrica di Briansk, il direttore della fabbrica Petrovsklj, a Enakievo, i capi delle officine ferroviarie a Aleksandrovsk, e tre capireparto. A Krynki (sobborgo di Bialystok), gli anarchici lanciarono una bomba in una riunione padronale tenuta nella sinagoga. A Riga, nel sobborgo Mitavskij, un ordigno scoppiò nella sala di una riunione di borghesi reazionari tedeschi (selbstschutzs). Un attentato analogo ebbe luogo in via Vindavskij.
A parte questi atti contro la borghesia, che avevano come movente principale l’odio che questi borghesi si attiravano per il loro comportamento particolarmente ignobile verso gli operai, borghesi la cui scomparsa era sempre una grande gioia per gli operai, alcuni anarchici praticarono altri atti “terroristici” contro la borghesia, atti conosciuti in Russia sotto il nome di «senza motivo», e che erano indirizzati contro i borghesi non in quanto cattivi borghesi, ma semplicemente perché tali, senza cercare altre cause. Non furono numerosi. Conosciamo soltanto le bombe lanciate al caffè Libmann di Odessa, all’Hotel ristorante Bristol di Varsavia, al ristorante Schwartz di Riga, e al vagone ferroviario di prima classe dell’espresso, vicino a Ekaterinoslav.
A parte il movimento operaio, gli anarchici si sono talvolta mescolati anche a quello contadino. I contadini s’impadronivano da soli della terra, delle foreste, dei raccolti appartenenti ai proprietari terrieri. Gli anarchici insegnavano loro soltanto ad organizzarsi su basi comunitarie, dopo aver espropriato la proprietà fondiaria. In pratica hanno potuto farlo solo nel Caucaso, dove i contadini anarchici del paese di Gulgule avevano fondato una comune agricola, di cui abbiamo parlato in precedenza.
Finora abbiamo parlato di lotte economiche e politiche condotte dagli anarchici in Russia, della loro partecipazione ai movimenti rivoluzionari e operai, come dei loro sforzi individuali per completare il movimento di massa.
Ora ci occuperemo delle tradizioni rivoluzionarie createsi al loro interno nel corso di tale lotta: dalla resistenza armata collettiva o individuale all’arresto, all’espropriazione o ripresa con la forza di somme di denaro dal fisco o dalla grande borghesia per i bisogni della Rivoluzione. Queste due tradizioni non sono del resto invenzione degli anarchici: i rivoluzionari russi le hanno ereditate dalla «Narodnaja Volja», organizzazione politica terroristica di anni addietro che aveva ucciso lo zar Alessandro II.
Si era formata presso gli anarchici russi l’abitudine ad opporre resistenza armata agli arresti. Per gli arresti collettivi, era diventata quasi una regola.
 
Gli anarchici si riuniscono molto spesso armati. Il pubblico che va alle riunioni anarchiche è anch’esso pregato di intervenire armato per quanto gli è possibile. Gli anarchici mettono una loro «sentinella» armata di bombe per sorvegliare i dintorni, e se una riunione segreta viene scoperta dalla polizia, la «sentinella» anarchica prima e gli altri intervenuti poi, lanciano delle bombe sulla polizia nel caso questa si avvicini a portata di tiro. Lo stesso avviene per le tipografie clandestine e i laboratori: i compagni che vi lavorano sono quasi sempre armati e pronti a rispondere alla polizia. Quanto agli arresti individuali, è affare personale di ciascuno se resistere alla polizia oppure no. Ma i compagni armati che si arrendono senza usare le armi sono mal visti. Molti non si separano mai dalle proprie armi e oppongono una resistenza accanita alla polizia. Fatti del genere sono talmente frequenti in Russia che ci è impossibile enumerarli. Ne conosciamo almeno un centinaio. Ne citeremo qualcuno come esempio.
 
Nel mese d’agosto del 1906 ebbe luogo un meeting anarchico segreto, nella steppa, presso Ekaterinoslav, con la presenza di circa 200 persone. Il meeting era già finito e non restavano più che una quindicina di compagni armati, quando apparvero 200 dragoni che spararono in aria. Gli anarchici tirarono una salva di revolverate sui dragoni, che risposero a loro volta a fucilate. Dopo un intenso scambio di colpi, gli anarchici si ritirarono portando con loro un compagno ferito, mentre i dragoni ebbero 3 morti e 6 feriti.
Sempre nello stesso mese, la polizia scoprì un altro meeting anarchico, nei pressi di Mosca vicino al convento Simonov. All’apparire della polizia, gli anarchici fecero fuoco e tirarono una bomba: il bilancio fu di alcune vittime da parte della polizia e di due operai arrestati.
Come caso di difesa di una tipografia clandestina, citiamo quello di Nežin, dove il compagno Gueleckij sparò sulla polizia. Quanto ai laboratori, basta ricordare la difesa eroica dei due laboratori anarchici di Riga. Nell’agosto del 1906, quando la polizia scoprì il laboratorio, i due anarchici, il fratello e la sorella Kejde Krieurs resistettero con le armi per un giorno intero; fecero saltare una scala, lanciarono una bomba sulla polizia e infine, per non farsi prendere, si suicidarono. La seconda scoperta di un laboratorio anarchico di Riga data gennaio 1907. Nel corso di quest’ultima, i compagni uccisero un commissario di polizia e due soldati e ferirono due agenti ed il capo della polizia Gregus, noto inquisitore che torturava tutti i prigionieri politici.
I casi di resistenza armata individuale, poi, non si contano. Citeremo solo due casi avvenuti a Ekaterinoslav.
Nell’agosto 1906, l’anarchico Pavel Golmann, ferito dallo scoppio di una bomba nel corso di un attentato, fatto evadere dai compagni da un ospedale dove veniva curato prima di essere impiccato, resistette con le armi quando la polizia scoprì il suo rifugio e venne a riprenderlo. Per quanto malato, impossibilitato a camminare, seduto sul letto sparò sui cosacchi, ne uccise due e poi si suicidò.
Nel marzo 1907, l’anarchico Perederij, ricercato dalla polizia, fu riconosciuto per strada e inseguito da alcune spie. Salvatosi dall’inseguimento, si rifugiò in un granaio di una casa qualunque e aprì il fuoco sulle spie e sui poliziotti, uccidendone diversi fra chi si era avvicinato. Aveva una scorta di pallottole e sparò senza tregua sulla polizia ben presto rinforzata dai soldati, che avevano occupato tutto il quartiere. Molti colpi furono sparati su di lui senza colpirlo. Allora il commissario generale penetrò nella casa vicina e gli parlò dalla finestra, pregandolo di accettare una tregua. Perederij accettò. Il commissario gli propose di arrendersi, ma questi rispose: «Gli anarchici non si arrendono vivi». E aprì di nuovo il fuoco. In capo ad alcune ore, lo si pregò di accettare un’altra tregua per permettere agli inquilini di lasciare la casa. Una volta evacuati gli inquilini, lo scambio dei colpi riprese. Arrivarono anche i pompieri. Fu cosparso il tetto di benzina e appiccato il fuoco. Solo allora Perederij, che aveva finito le pallottole, si suicidò. Resistette 18 ore, nel corso delle quali aveva ucciso molti poliziotti.
La seconda particolarità che caratterizza la lotta degli anarchici russi è la pratica delle «espropriazioni» (termine adottato in Russia non soltanto dalla stampa rivoluzionaria, ma anche da quella borghese) o di riappropriazione con la forza di somme di denaro dal fisco o dalla grande borghesia, per le necessità della propaganda (opuscoli, stamperie clandestine), armi, laboratori, organizzazione di evasioni, aiuto ai compagni detenuti o nella clandestinità (ricercati dalla polizia o evasi, e alle loro famiglie, ecc). In effetti, piuttosto che fare la questua tra gli operai, gli anarchici russi, come si è visto, distribuivano denaro agli scioperanti e ai disoccupati. Inutile aggiungere che neanche ai borghesi si chiedeva nulla. I gruppi, però, avevano bisogno di denaro per fare un’ampia propaganda con la parola e con i fatti; gli anarchici russi, perciò, ricorsero alle «espropriazioni». Malgrado alcune eccezioni, era il loro unico mezzo di procurarsi il denaro per le casse del gruppo: nessuna questua, nessuna vendita di opuscoli (che venivano distribuiti gratuitamente). Gli anarchici vennero imitati anche da altri rivoluzionari, come i giovani socialisti polacchi e i massimalisti. I quali, bisogna riconoscerlo, superarono di molto i loro maestri: tutte le «espropriazioni» celebri, come quella alla Banca di Mosca, quella di via Fonarny, a San Pietroburgo, o quella del treno postale alla stazione di Rogovo, non furono compiute da anarchici.
Qualche parola anche su una terza caratteristica della lotta degli anarchici in Russia: l’occupazione, per poche ore, di tipografie borghesi per farvi stampare con la forza manifestini anarchici, pagando però gli operai per il loro lavoro. Questo modo di agire fu applicato con successo dagli anarchici a Odessa, Ekaterinburg e Tiraspol.
 

Per far uscire per qualche istante i compagni europei dalla loro grigia vita quotidiana, per mantenerli ancora un po’ nel clima «romanzesco» dell’attuale vita russa e soprattutto per completare il quadro della vita quotidiana degli anarchici russi, citeremo due casi di evasione organizzate dagli anarchici.

In seguito all’attentato contro il capo delle officine ferroviarie ad Aleksandrovsk, furono arrestati e condannati a morte due compagni, pena poi commutata in lavori forzati a vita. Il gruppo di Ekaterinoslav organizzò la loro evasione, la domenica di Pasqua di quest’anno. In Russia si può entrare dall’esterno nella chiesa della prigione. A Pasqua viene celebrata una messa di mezzanotte molto solenne. Si fecero passare prima delle rivoltelle ai compagni detenuti. Questi si recarono armati alla messa di mezzanotte, e così pure molti compagni dal di fuori. A mezzanotte, mentre si cantava «Cristo è resuscitato», fecero fuoco sui guardiani. Undici detenuti e gli assalitori si lanciarono presto in strada. I cosacchi li inseguirono, ma molti di loro vennero uccisi dalle bombe anarchiche, gli altri messi in fuga. Tutti gli evasi e gli assalitori si salvarono.
La seconda evasione di cui parleremo è molto recente, risale al 15-28 luglio 1907.
Un anno fa venne scoperta dalla polizia una tipografia organizzata dal gruppo anarchico di Ekaterinoslav, nelle grotte di una proprietà dello zar nei dintorni di Yalta (Crimea). Furono arrestati tre compagni, poi condotti alla prigione di Sebastopol e non soltanto incriminati per aver organizzato la tipografia, ma accusati falsamente anche di altri delitti, punibili con i lavori forzati e la morte. Avrebbero dovuto comparire davanti al consiglio di guerra, quando, alcuni giorni prima del processo, venne fatto saltare con un ordigno infernale il muro della prigione, durante l’ora della passeggiata dei detenuti. Ventun detenuti politici evasero, dopo aver ferito numerosi guardiani. Solo il compagno Ošakov fu ripreso e, non volendo farsi catturare vivo, si fece saltare le cervella.
 

Inutile dire che una lotta così violenta e così intensa non si conduce senza vittime. Sono solo tre anni che gli anarchici agiscono in Russia, ma il martirologio di compagni, vittime della lotta, è molto lungo. Non si può per il momento dare che una cifra approssimativa e inferiore alla realtà. Contiamo, a tutt’oggi, sessanta esecuzioni di anarchici conosciuti negli ambienti operai rivoluzionari russi; ma ce ne sono state altre che ignoriamo. I compagni che hanno trovato la morte nel corso di attentati, «espropriazioni», resistenza armata e scontri con la polizia, ammontano ad un centinaio. Ce ne sono altrettanti ai lavori forzati. Tutti sono stati coraggiosi fino alla fine, tutti hanno meritato il nome di anarchici. Parleremo soltanto di una esecuzione, quella di sedici compagni a Varsavia, della quale si conoscono i particolari.

Era il 4-17 gennaio 1906 quando vennero giustiziati i primi cinque compagni a Varsavia. Cinque pali erano stati innalzati nella fortezza della città, dove i compagni furono condotti sotto una forte scorta. Uno di loro, l’operaio Jacob Goldstein, parlò ai soldati: «Fratelli soldati! voi siete qui per uccidere i nemici della patria; vi hanno detto che siamo dei sovversivi, degli anarchici. Fratelli! Sapete che cosa vogliamo, perché ci uccidono? Noi siamo i figli di milioni di proletari, figli di quel proletariato che muore di miseria e di fame, di quel proletariato che i boia e i tiranni torturano da secoli. Ed ecco, noi non abbiamo voluto essere schiavi; noi abbiamo compreso che, per spezzare le catene di questa schiavitù secolare, dobbiamo incominciare, armi alla mano, la lotta contro la borghesia, dichiarare guerra a tutti i puntelli della società capitalistica. Abbiamo seminato tra gli operai delle idee nuove, che li hanno svegliati, che li hanno chiamati alla lotta per un mondo nuovo, per un mondo libero. Soldati! Figli dello stesso popolo lavoratore che muore di miseria, rifiutate di partecipare al nostro assassinio, ricordatevi che moriamo per la libertà e la felicità del popolo operaio. Gridate con noi: viva l’anarchia!».
Dieci soldati levarono il calcio del fucile in aria. «Evviva i nostri fratelli soldati!», gridarono i compagni, e si misero a cantare la Carmagnola. Rare fucilate interruppero il loro canto. Tutti e cinque erano morti.
L’indomani, nella stessa fortezza, furono fucilati altri sei compagni, tra cui il noto oratore Victor Rivkind che, durante il processo, aveva dichiarato che la sua professione era la «fabbricazione di bombe per la borghesia e i tiranni».
Ventitré giorni dopo furono fucilati gli ultimi cinque compagni arrestati, tra cui il liceale Kuba Igolson, ferito e arrestato nel corso di una «espropriazione». I suoi avvocati d’ufficio lo supplicarono invano di dire di aver preso il denaro per sé, di essere un ladro. Ma rispose sempre fieramente: «Io sono anarchico!». Appoggiato al palo, si rivolse ai medici che assistevano all’esecuzione: «Voi medici, vi siete sistemati con il denaro del popolo; rappresentanti della scienza, se vi resta ancora una scintilla di sentimento umano, rifiutate di essere testimoni di questo ignobile assassinio!». I tre medici si ritirarono e i compagni furono fucilati. Le ultime parole di Igolson furono: «Potete uccidere i nostri corpi, ma non il nostro sacro ideale!».
 

Abbiamo terminato il nostro breve resoconto dell’attività degli anarchici in Russia. Per quanto incompleto e imperfetto, interesserà probabilmente i nostri compagni europei, dato che l’attività degli anarchici in Russia era rimasta fino ad oggi quasi completamente ignorata in Europa.

 

[Les Temps Nouveaux, n. 20, 21, 22 e 23 del 14, 21, 28 settembre e del 5 ottobre 1907]

Testo preso da finimondo (sito web)