Fonte Contrainfo 

 

Né una menzogna né un’invenzione! Prima di tutto l’azione anarchica contro lo Stato/Capitale: Alcune parole, chiarimenti e posizioni da parte di alcuni compagni che costituivano le CARI-PGG

“Non ebbe alcuna fine, non ebbe né ha avuto alcun funerale. Il conflitto continuò mentre la critica si sviluppava. Una critica feroce contro il sistema di dominio, ma soprattutto, una critica contro noi stessi. Riflessioni creammo e nuove prospettive nacquero dentro di noi, ma l’attacco contro il potere continuò e continua ancora…”

Questa parole non sono dirette a nessun giornalista, che sia di Stato o alternativo. Sì, quei giornalisti che non fanno altro che infangare le parole del rivoluzionario per incasellarle in “cause giuste o cause sbagliate”, in “cause buone o malvagie”. Non sono del pari dirette ai soliti sinistroidi, quelli che fin dall’inizio di questa guerra che insieme a molti altri ci è toccato sostenere non hanno mai smesso di etichettarci con appellativi assurdi come “terroristi, ultrasinistra, avventurieri, polizia, esagerati, etc.”

Queste parole e queste riflessioni sono e saranno sempre per i compagni onesti, per quelli che non si sono lasciati ingannare né ipnotizzare da una propaganda accattivante; sono anche per quelli che vivono nel conflitto con l’autorità giorno per giorno, un conflitto per annientare ogni potere e dogma, inclusa questa farsa del potere popolare. Farsa che nei nostri disgraziati e torbidi giorni ha attratto nella propria tela innumerevoli individui e progetti libertari, facendogli credere che potere popolare ed anarchia siano sinonimi, mentre in realtà sono concetti e lotte in contrasto tra loro.

Queste riflessioni e queste parole sono dirette a quelli che vivono il conflitto in prima persona, a quelli che fanno sì che l’anarchia sia molto più di parole scritte e per altri compagni che essendo affini alla prassi di distruzione dell’esistente, vorranno leggerle.

Questa è solo una piccola parte della storia, raccontata per noi che la viviamo… perché altri non te la raccontino a modo loro.

1 – Cosa furono le CARI-PGG?

Cellule Autonome di Rivoluzione Immediata – Praxedis G. Guerrero, fummo un gruppo di individualità anarchiche che decisero di passare insieme all’azione negli ultimi mesi del 2008 con alcuni attacchi incendiari non rivendicati, come lanci di molotov contro banche e artefatti incendiari contro auto della polizia. Fu l’8 Settembre 2009 che come CARI-PGG attaccammo con un artefatto esplosivo artigianale una concessionaria automobilistica Renault a poca distanza dell’Aeroporto Internazionale Benito Juarez nel Distretto Federale del Messico. Questa azione fu rivendicata mediante un breve comunicato contro la costruzione di una nuova grande centrale di polizia ed una nuova prigione ad opera del governo capitolino dell’allora capo del governo del DF, il perredista [del Partito della Rivoluzione Democratica, PRD; ndt] Marcelo Ebrard. Questa azione fu in continuità con quelle precedenti, però in un momento nuovo dell’agire anarchico locale. Quando diciamo “nuovo” non facciamo riferimento alla nascita di una “nuova anarchia”, semplicemente ci riferiamo ad una nuova tappa che andava a continuare la lotta che i compagni prima di noi avevano messo in pratica.

Durante la settimana dal 1 al 21 Settembre del 2009, diversi gruppi anarchici, eco-anarchici, e di liberazione animale irruppero nel panorama locale usando la modalità dell’ordigno esplosivo artigianale costruito con dinamite e latte di gas butano per attaccare le strutture del dominio. Bisogna dire che alcuni di questi gruppi già da tempo effettuavano attacchi, ma senza alcuna rivendicazione, nell’anonimato o con un breve comunicato senza alcuna sigla – ad eccezione di ALF ed ELF che hanno sempre rivendicato le proprie azioni. Da quel 1 Settembre in poi le bombe, gli incendi dolosi, le mitragliate contro la polizia e gli espropri di segno anarchico inondarono quasi tutti gli stati di questo paese; da quel momento gli attacchi contro il potere non si sono fermati e non si fermeranno, che ai più piaccia o meno.

Nel Dicembre 2009, dopo vari incontri con altri compagni, decisero di entrare a far parte delle CARI-PGG, agendo come cellula coordinata, alcuni compagni del Fronte Sovversivo di Liberazione Globale (che da poco più di 6 mesi stava rivendicando diverse azioni, tra cui attacchi con molotov a banche, attacchi a cabine telefoniche della Telmex e un attacco esplosivo con gas butano e dinamite del 1 Settembre di quello stesso anno che segnò una linea netta nell’agire dei diversi gruppi). In questo modo l’agire delle CARI-PGG si ampliò, e il 31 Dicembre del 2009 i nuclei delle CARI-PGG fecero esplodere due artefatti esplosivi in due banche di Metepec, Stato del Messico, che furono completamente distrutte, ed un altro contro un macello a Nicolas Romero, Stato del Messico; questo come parte di un coordinamento a livello nazionale con cellule anarchiche e del ALF-ELF del DF del Messico, dello Stato del Messico e di San Luis Potosì. In totale, la notte del 31 Dicembre si realizzarono 9 attacchi, la maggior parte con ordigni esplosivi; tale coordinamento apparve rivendicato sotto altro nome e fu indubbiamente fu un colpo di propaganda anarchica che lo stato messicano prese come una minaccia totale.

CARI-PGG nacque in un clima di forte tensione dovuta ai diversi conflitti sociale che erano sorti gli anni precedenti, come quelli di Oaxaca, Atenco, i costanti disordini durante i cortei del 1 Maggio e del 2 Ottobre. Ma contribuì anche a che un conflitto, che non rimase ai margini di queste rivolte e conflitti sociali, si propagò e si espanse arrivando ad essere un problema per il sistema stesso. Non fummo i primi, né gli unici. E sapevamo bene, come lo sappiamo ora, che i nostri “petardi” nelle banche non potevano mandare a gambe all’aria lo Stato da un giorno all’altro, come affermando in tono di burla i nostri detrattori, cioè quelli che si erano ravveduti, i detrattori di un’insurrezione per la quale avevano “lottato” nella loro gioventù da ribelli. Soprattutto fummo individualità che facevano ciò che credevamo fosse necessario fare, con i mezzi che ritenevamo adeguati in quel momento (per lo più bombe e pacchetti esplosivi). Oggigiorno e sempre come individualità, continuiamo a credere nella necessità dell’attacco e della distruzione del potere; questa idea vive nei nostri cuori, senza mediazioni né accordi col potere, benché con altri metodi organizzativi ed un’altra etica che consideriamo necessaria per l’avanzamento dell’insurrezione per l’anarchia.

Il nome che scegliemmo per noi ha sempre rappresentato la nostra concezione dell’agir anarchico: l’anarchia è qui ed ora. Per questo chiamiamo alla rivoluzione immediata, oggi, non domani né ieri né quando le condizioni siano mature; e se parliamo di condizioni, allora bisogna far sì che si verifichino e non sperare che cadano dal cielo. Però l’immediato per noi vuol dire anche attacco individuale, informale e autonomo, perché per noi l’insurrezione è un movimento collettivo di realizzazione individuale. Questo è ciò che significava la sigla, anche se nell’attualità e da qualche tempo stiamo riconsiderando il significato che diamo alla nostra informalità. Sul nome di Praxedis G. Guerrero, possiamo solo dire che l’intenzione fu quella di rivendicare un anarchico locale, uno come un altro, che avesse inteso l’anarchia come una cosa integra, non come frammenti divisi tra la teoria prima e l’azione dopo. Fu anche nostra intenzione riesumare la memoria di un anarchico – che come molti altri sono stati sepolti sul cammino dell’insurrezione – che comprese l’importanza dell’agire collettivo quanto di quello individuale, e che espresse il fatto che le moltitudini non sono una massa amorfa finché sono (o almeno così dovrebbe essere) costituite da individui attivi e consapevoli della propria individualità. Praxedis G. Guerrero, come noi, non credeva ciecamente nelle masse, poiché aveva compreso la complicità che queste mantenevano con i propri padroni e con i propri carcerieri, e senza tema di essere smentiti potremmo affermare che egli avanzò per tempo la sua critica alla servitù volontaria, che è la complicità del popolo con i propri padroni e carcerieri. Praxedis rifiutò di limitarsi a contribuire intellettualmente alla rivoluzione, come gli raccomandavano altri anarchici alludendo alle sue capacità intellettuali nel suo riconoscimento delle assurde divisioni del lavoro, e invece preferì andare allo scontro frontale con il nemico, morendo sul campo di battaglia il 31 Dicembre 1911 a Janos, Chihuahua. Oggi abbiamo messo da parte la rivendicazione di compagni convertitisi in icone per gli stessi rivoluzionari e gli acronimi e le sigle, dal momento che rivendichiamo soltanto noi stessi come individui in costante conflitto con l’autorità ed il potere.
Potremmo ben stilare una lista di tutte le volte che abbiamo attentato contro il potere e fare un libro su di noi come gruppo; materiale ne abbiamo, così come storie, critiche ed esperienze di ogni tipo. Comunque a noi non interessa diventare a nostra volta una sorta di mito, perché questo vorrebbe dire passare alle pagine della storia come un gruppo di avventurieri e annullare l’essenza dei nostri attacchi. Inoltre questo marginalizzerebbe altri compagni che agirono nello stesso periodo in cui agivamo noi. Questa propaganda non ci interessa. Ci interessava e ci interessa la sovversione dei ruoli sociali imposti e la propagazione degli attacchi contro il potere, focalizzati niente di meno che sulla sua distruzione.

Come CARI-PGG i nostri ultimi attacchi (intendendo in questa occasione con attacco il sabotaggio e l’azione diretta, benché per attacco intendiamo una varietà di interventi che non si esauriscono in uno o due modi) furono nel mese di Novembre 2013: un attacco esplosivo coordinato contro istituzioni bancarie e camionette dell’antisommossa a Toluca, Messico DF e a Nezahualcóyotl. Azioni rivendicate tramite un breve comunicato in solidarietà con Mario Gonzalez. Non serve dire che in quel momento stavamo già entrando in una fase di critica a noi stessi come individui e come “organizzazione”. Critiche che avevamo lasciato da parte nel corso degli anni, proprio per aver vissuto gran parte di quel tempo completamente presi dalle necessità che mantenere un gruppo stabile – e in certa misura formale – di azione anarchica richiede, cosa della quale senza dubbio NON ci pentiamo, nonostante ora facciamo delle riflessioni a riguardo.

2 – Alcuni chiarimenti necessari

Molto è stato detto sulle CARI-PGG, e così come ci fu un’infinità di gente che mantenne una forte simpatia verso il gruppo (la simpatia non è ciò che volevamo.. volevamo la diffusione dell’attacco!), allo stesso modo ci furono molti fieri detrattori che senza sapere nulla di noi ci accusarono (e ci accusano ancora oggi) nella maniera più miserabile, come ad esempio, “essere quelli che facevano il lavoro del EPR, del ERPI, del TDR-EP e altri formazioni marxiste-leniniste”.. Che accuse di merda!

Le CARI-PGG nacquero con una concezione anarchica a cui rimasero fedeli. Una concezione anarchica affine all’insurrezione e critica con ogni tipo di potere e autorità, ma nacquero anche con una concezione organizzativa in contrasto con tutte le strutture armate gerarchiche: le rifiutammo allora e le rifiutiamo e le critichiamo oggi con ancora più forza, argomenti e determinazione.

La miserabile accusa secondo la quale fummo (o siamo) parte di EPR, TDR-EP o ERPI crediamo sia nata soprattutto dall’invidia e dalla competitività di alcuni poveri scemi, o meglio del “non aver meglio da fare nella vita che dire cazzate”. Ma poiché tale accusa non è stata rivolta soltanto alle CARI-PGG ma anche, benché in misura minore, contro i compagni della Cellula Insurrezionale Mariano Sánchez Añon, contro i compagni di Azione Anarchica Anonima di Tijuana e anche contro le CCF locali.. in breve contro tutti quelli che hanno concentrato i propri sforzi nel portare l’anarchia alla pratica, ovvero contro tutti quelli che attaccarono il potere senza mediazioni, pensiamo che queste accuse nascondano qualcosa di più ambizioso che una mera invidia o rivalità. Per noi, questo tipo di chiacchiericcio affonda le proprie radici in un teorema abbastanza chiaro, che è la contro-propaganda. Cioè partirono dalla logica che “visto che gli anarchici CONSAPEVOLI DI CIO’ CHE SONO ci rifiutano, allora che rifiutino anche loro”, “che tutti pensino che essi sono subordinati a quelli o a quegli altri”, perché non “seguano le loro orme”, “perché non si diffondano gli attacchi contro il potere”, “perché non propaghino la loro idea individualista di insurrezione” … merda che può nascere solo in una mente che crede nella competizione, nel quantitativo e nella lotta per imitazione, manipolazione o fanatismo.

Sia chi sia, e nonostante sappiamo bene che molti sanno a chi ci riferiamo con esattezza, non parleremo MAI pubblicamente in maniera più precisa per non cadere in una DELAZIONE, ciò che abbiamo da dire al riguardo è che le CARI-PGG non furono mai subordinate agli ordini di alcun gruppo di potere o di guerriglia rossa, sia esso EPR, TDR-EP, FARP, EZLN o ERPI. Non per nulla abbiamo messo AUTONOME nella nostra sigla dell’epoca. Non abbiamo mai ricevuto denaro né armi da nessuna di queste formazioni, poiché ciò che facemmo è stato fatto grazie ai modesti apporti di ogni individuo che costituì le CARI-PGG, frutto del nostro lavoro di sfruttati, di qualche esproprio e di disarmi alle guardie. Così come non abbiamo mai occupato il nostro tempo e spazio nel criticarle o attaccarle verbalmente, altrettanto poco ci interessavano tali organizzazioni.

Quindi ora basta, fatelo per la vostra dignità!

3 – Una piattaforma informale? Che Cazzata!

Tra le concezioni che animarono le CARI-PGG c’erano quella dell’insurrezione, dell’informalità, dell’attacco e del conflitto quotidiano. Tesi che in quel momento concepivamo secondo un’idea molto particolare, nata soprattutto dalla necessità del tempo che ci toccò vivere come gruppo. Nonostante ci fossero alcune lacune, errori o prospettive che portavano in un’altra direzione – come ad esempio il fatto che le sigle ed i comunicati finirono per diventare un’identità, laddove in principio avevamo deciso di usarle soltanto come una necessità perché le nostre azioni per la libertà non si confondessero con quelle dei narcotrafficanti o delle formazioni comuniste che sono focalizzate sulla ricerca del potere –mai cademmo nell’enorme sciocchezza o prendemmo una cantonata come quella di voler costituire una “piattaforma informale”. Una piattaforma informale? La più grande delle contraddizioni tra le contraddizioni quotidiane che tutti gli anarchici vivono – soprattutto quelli che si perdono nel “politicamente corretto”. Piattaforma ed informalità sono concetti contrastanti, così come lo sono “commando e informale”.

L’idea e la pratica dell’informalità anarchica così come la concepiamo oggi rompe di netto con l’idea organizzativa di una piattaforma, per il semplice fatto che l’informalità non riconosce alcuna struttura per agire, per organizzare la lotta né per vivere le nostre vite. La piattaforma è un modo di agire in maniera subordinata a dei parametri stabiliti da uno o più gruppi, ed è solo agendo all’interno di tali parametri che si può far procedere la lotta, al contrario tutto sarebbe caos e disorganizzazione, cose con cui non va d’accordo. L’informalità è un modo di agire ed organizzarsi basata sul libero accordo, sulla non delega, sulla responsabilità individuale, sull’autonomia dell’individuo; l’informalità distrugge ogni dogma, ogni organizzazione identitaria che nega l’individuo; ma chiude anche i conti con i commando dato che nell’informalità non esistono “comandanti né comandati”, ovvero ciò che costituisce i “commando”.

E’ con queste argomentazioni che al tempo, senza renderlo pubblico, rifiutammo l’invito ad estendere il conflitto che “Guerrillas Negras” fece a noi e ai compagni di Sánchez Añon. Se con loro come gruppo non avemmo nulla a che fare, fu soprattutto perché criticavamo il fatto che l’organizzazione in forma di guerriglia possa essere compatibile con il pensiero, l’etica e la pratica anarchica, soprattutto con quella che parteggia per l’organizzazione informale. Ma anche perché, nonostante siamo sempre stati per un’insurrezione generalizzata, critichiamo il linguaggio populista insurrezionalista utilizzato in alcuni comunicati pubblicati ai giorni nostri; una cosa è caldeggiare una insurrezione generalizzata e popolare, un’altra è il populismo duro e puro, benché ben camuffato, ben aggiustato, ben digeribile, che fa una buona impressione.

Bisogna essere autentici, bisogna cercare i nostri propri percorsi, intravedere i nostri propri orizzonti, creare le nostre proprie progettualità e progetti di lotta ed evitare di provare ad imitare la guerriglia rossa, di provare a mettersi “al suo livello” o di fomentare il fanatismo per delle icone o il feticismo per le armi, abbandonare e criticare l’esaltazione degli attacchi armati spettacolari che si auto impongono come il metodo superiore di lotta o di attacco su quelli più semplici. Come lo abbiamo affermato in precedenza così lo riaffermiamo ora: per noi non c’è differenza tra un’imboscata ad una pattuglia della Polizia Federale, un rogo di automobili con un ordigno incendiario rudimentale o una molotov contro un bancomat; quel che realmente importa è la prospettiva nella quale si colloca l’attacco, l’impatto che causa in termini qualitativi: quello che realmente importa sono le ragioni e le finalità.

L’informalità è e sempre sarà la nostra proposta. Mentre la “piattaforma informale” non è che una distorsione aberrante del termine e della pratica dell’informalità.

4 – Il conflitto continua e deve continuare a prescindere dalle conseguenze

Al contrario di ciò che affermano alcuni chiacchieroni e delatori di merda che dicono di essere stati loro ad “iniziare o formare” le CARI-PGG e trasportare.. ups, so sorry! “reclutare” coloro che “fecero parte di questo progetto” (compagni che inoltre nessuno sa chi sono né chi siamo, ossia queste chiacchiere si riducono a supposizioni [delazioni] e invenzioni di mitomani inveterati.. ma disgraziatamente la loro mitomania può portare delle ripercussioni su compagni che non hanno mai avuto nulla a che vedere con questo progetto) e che affermano che le CARI-PGG si sono ritirate dal conflitto o che siamo caduti nell’inattività, noialtri diciamo che né l’una né l’altra affermazione sono vere.

La lotta nella quale in molti ma molti compagni abbiamo fatto irruzione tempo addietro in una maniera o nell’altra ha dato i suoi frutti. La fiera difesa quotidiana dell’attacco che si vide riflessa tanto nella teoria che nella pratica, è stata senza dubbio una parte importante che spinse all’azione i compagni negli ultimi anni di rivolte di strada e alla luce del giorno – qualcosa che peraltro ha sempre fatto parte dei propositi delle CARI-PGG poiché non abbiamo mai concepito l’attacco come un momento possibile solo nell’oscurità della notte, ma crediamo che possa essere messo in pratica in ogni momento ed in ogni luogo. Questo, insieme ad alcune “condizioni” di scontento sociale che si manifestavano fin dal 2006, fece sì che il nostro agire, come quello di molti compagni – perché non fummo gli unici – fosse solo una parte (anche se una parte importante) che contribuì all’intensificarsi della guerra sociale, perché si arrivasse a un tale livello, e questo si raggiunge solo con determinazione e convinzione. Fu un contributo affinché i compagni anarchici comprendessero che fare un passo verso l’ignoto non è difficile come lo fanno apparire alcune (ma non tutte) organizzazioni di guerriglia, proprio con il loro specialismo; ed allo stesso modo non è impossibile come lo Stato vorrebbe far credere con la sua propaganda. E così successe, non solo per mano nostra, ma di tutti quelli che al momento giusto  presero la decisione, che l’attacco si diffondesse, cominciando dai compagni consapevoli delle proprie posizioni anarchiche.. benché la nostra specifica finalità fu sempre quella di portare l’attacco in campo sociale, fuori dai circoli anarchici.

Vogliamo incoraggiare tutti gli individui assetati di libertà a passare all’attacco. Il conflitto e la lotta di quasi tutti (disgraziatamente non tutti) quelli che in qualche momento hanno fatto parte delle CARI-PGG è continuata per tutto il tempo che è trascorso, e continuerà almeno finché saremo morti. Ma anche da morti, così come noi siamo la continuazione della lotta dei compagni che da ormai due secoli hanno messo in pratica una lotta anarchica energica, senza dialogo né mediazioni, un domani altri compagni vedranno continuare questa lotta, perché la lotta non è contro un presidente, un generale o un progetto di legge. La lotta non è neanche soltanto contro lo Stato e il Capitale ma, lasciando da parte tutte le analisi economiche proprie del Marxismo, la lotta è soprattutto contro il sistema di dominio nel suo insieme, contro ogni forma di autorità e di potere, che sono un tipo di relazione che si manifesta in ogni aspetto di questa vita e in ogni luogo di questo mondo, anche dove si presume che “non ci sia capitalismo” o “nelle comunità rurali e indigene che sono quindi quasi come i puritani” e in altri luoghi idealizzati. Il potere e l’autorità sono presenti nelle nostre vite, nelle nostre persone, nel nostro modo di relazionarci, nella nostra quotidianità ed è questo l’autentico campo di battaglia nel quale si combatte la guerra sociale. Sovvertire e distruggere l’esistente per un’autentica e assoluta libertà.

In ultimo vogliamo inviare un saluto e un caldo abbraccio all’amato compagno Gabriel Pombo da Silva che è da poco uscito dal carcere e, per quel che capiamo dal suo comunicato, non è disposto a negoziare col potere ed è pronto ad entrare in clandestinità essendo questa l’opzione rimastagli. Per cui vogliamo manifestare tutta la nostra solidarietà per questo percorso, tutto il nostro appoggio ed il nostro affetto. Anche per tutti i compagni che sono in fuga o in prigione, in Messico e nel mondo intero.

Come dice bene quel gruppo musicale che piace tanto a tutti i compagni in Messico: Questa è una lotta senza fine..

Detto questo, non abbiamo altro da aggiungere.

Per l’anarchia! Guerra sociale e insurrezione!

Quelle che furono le CARI-PGG
Distretto Federale, Messico, Giugno 2016