Applicare il Metodo del Consenso: problemi di linguaggio & problemi di comunicazione. (di Roberto Tecchio) Applicare il metodo del consenso (mc) non è facile, è come costruire le nuove forme di organizzazione cosiddette a rete. Incontriamo parecchi problemi e, nel cercare di risolverli, corriamo il rischio di cadere in vecchi modelli decisionali e organizzativi che pure desideriamo fortemente superare. Nel nostro caso alcuni problemi possono essere risolti o ridotti spiegando meglio cosa s’intende con certe parole. L’operazione è quanto mai necessaria visto l’uso assai differenziato che si fa di termini come consenso e dissenso, accordo, disaccordo, unanimità, veto, blocco, ecc. Quanto segue è una riflessione che si propone, in piena libertà di chi scrive e chi legge, di allargare e approfondire il bagaglio terminologico che spesso si usa quando si applica il mc. Questo non è un documento ufficiale, ognuno ne fa ciò che vuole. La lettura del testo risulta più comprensibile se si conosce lo scritto ‘il metodo del consenso in teoria’ (che mi può essere richiesto leporet@libero.it oppure reperito sul sito web del Villaggio Eco Solidale http://web.tiscali.it/ecosolidal_Hlt6312421e_Hlt6312421/consenso.html UN GLOSSARIO PER APPLICARE IL MC Alcuni termini chiave utili a gestire il processo decisionale (la cui conoscenza dovrebbe essere di tutti per poter partecipare effettivamente ed efficacemente a tale gestione), sono: Accordo e Disaccordo : si riferiscono solo al piano dei contenuti delle decisioni (le proposte). Se tracciamo una linea su un foglio (il foglio potrebbe rappresentare in questo caso il piano dei contenuti di una decisione) e poniamo agli estremi della linea i due termini suddetti, avremmo un continuum che va dall’Accordo Pieno al Disaccordo Pieno. Lungo il continuum di questa linea si possono fare alcune utilissime distinzioni di significato, come poi di fatto avviene in una discussione libera e creativa, per cui abbiamo: Accordo Pieno: è il massimo dell’accettazione rispetto a una proposta, quando tutti i partecipanti lo esprimono ci troviamo in pratica di fronte all’ Unanimità.Accordo Parziale: vuol dire che si accettano pienamente solo alcune parti del contenuto di una proposta e meno o per nulla altre parti; oppure può voler dire che non si è pienamente convinti di una proposta.Disaccordo Parziale: è come l’accordo parziale, ma più spostato verso il polo del disaccordo, quindi esprime una posizione di maggiore dubbio, o minor convinzione, riguardo alla proposta.Disaccordo totale: è esattamente l’opposto dell’accordo pieno, non si è per nulla convinti, anzi si può essere convinti del contrario di ciò che si sta decidendo. Da notare dunque che sul piano dei contenuti potrei essere non molto d’accordo con una proposta, o addirittura in disaccordo, ma alla fine acconsentire alla decisione che assume quella proposta: è quello che si chiama ‘accordo nel disaccordo’, il consenso appunto. Naturalmente quando c’è o si raggiunge un buon accordo va tutto bene. I problemi sorgono quando essendo finito il tempo della discussione restano delle divergenze non conciliate, che in sostanza sono forme di disaccordo. E ciò accade normalmente in tutti i gruppi, anche i più solidi e con forti affinità. È qui che il mc, se ben conosciuto e applicato, può dare quella marcia in più per andare avanti costruttivamente. E allora, come essere in disaccordo e al tempo stesso dare il consenso? Consenso e Dissenso : si riferiscono sia ai contenuti, sia soprattutto alla relazione tra i soggetti che danno vita al gruppo/rete/movimento, e in particolare al grado di fiducia tra quei soggetti e verso il cammino comune intrapreso. Più propriamente diciamo che il Consenso si ha quando pur non essendo in qualche misura d’accordo sul contenuto di una decisione, si è comunque d’accordo nel prendere, o non prendere, quella determinata decisione. Infatti il consenso può esserci sia rispetto all’assumere una determinata proposta, sia al non assumerla: sempre di decisione consensuale si tratta alla fine. Il consenso dunque implica che vi sia una diversità di opinioni riguardo alla decisione che si sta prendendo, ovvero implica una qualche misura di non accordo, altrimenti sarebbe unanimità o quasi. In una decisione sono implicati (sempre) diversi piani. Le varie forme di accordo/disaccordo si giocano sul piano dei contenuti, mentre il consenso/dissenso riguarda soprattutto la relazione tra le persone che formano il gruppo. Il consenso in sostanza esprime il tipo (o la qualità) della relazione esistente tra queste persone, soprattutto la fiducia nel cammino comune che si è scelto di fare e di continuare a fare nonostante le difficoltà del momento. È una fiducia nel processo che va oltre le singole persone con le quali si condivide il cammino. Ecco perché è possibile, e non solo in teoria, essere “d’accordo nel disaccordo” (cosa che avviene frequentemente all’interno di sane relazioni di amicizia e all’interno di gruppi affiatati che usano informalmente e spesso inconsapevolmente metodi orientati al consenso). In effetti l’applicazione del mc, partendo da posizioni diverse e a volte conflittuali, può condurre alla fine del processo a un alto grado di accordo, o addirittura all’unanimità. Ma non sempre è cosi, e riuscire a costruire un buon consenso laddove persistono forme di disaccordo è un risultato spesso più prezioso dell’unanimità. Accettazione e Obiezione : in pratica è un altro modo di esprimere il grado di accordo o disaccordo in rapporto ai contenuti delle decisioni. Sono termini che nella prassi risultano molto utili, soprattutto il termine obiezione.Obiezione: indica che il disaccordo è talmente forte da chiedere il blocco o sospensione della decisione su una determinata proposta. Di fronte a un’obiezione il gruppo deve fermarsi e cercare soluzioni migliori di quelle sino ad allora trovate. Se i tentativi non riescono, o se comunque il tempo alla fine manca, ci sono due modi per uscire: Stare da parte o Bloccare la decisione. Blocco vuol dire che una determinata proposta non viene accettata, cioè si decide di non assumere quella proposta. Può essere vista anche come una decisione in negativo: il gruppo decide di non prendere quella decisione. Da notare che il blocco di una proposta, per essere una decisione consensuale, deve ricevere il riconoscimento (o legittimazione) da parte di coloro che inizialmente erano contrari all’obiezione. Cioè: non è mai il singolo o la minoranza a ‘bloccare’ una proposta, ma il gruppo nel suo insieme. Il singolo o la minoranza possono solo ‘obiettare’ in rapporto al contenuto di una proposta (e quindi, certo, in sostanza chiedere il blocco della proposta), ma l’accoglimento dell’obiezione e di conseguenza il blocco della proposta spetta alla maggioranza. Questo problema non si pone nella misura in cui l’obiezione è largamente condivisa: più sono le persone che obiettano e maggiore è la necessità di bloccare una proposta. È un fatto di saggezza, perché pure il metodo del consenso tiene conto dei numeri delle maggioranze e delle minoranze. Stare da parte vuol dire in pratica dare il consenso, malgrado tutto accettare che una decisione venga presa, anche se in rapporto ad essa il disaccordo rimane. È molto probabile che la minoranza che se ne sta da parte, essendo in disaccordo, poi non dia sostegno alla decisione. Ciò è legittimo purché ne venga esplicitata la forma (patto di lealtà). Veto : come si vede questa parola non ha senso all’interno di un processo orientato al consenso (ha senso invece nei processi orientati all’unanimità). Problema riconosciuto/non riconosciuto (o legittimato/non legittimato): è la formula che si può usare in una situazione di obiezione per verificare l’orientamento verso le due opzioni (lo stare da parte o il bloccare la proposta). Impegno : forse questo è il termine più importante. Infatti il prendere una decisione non ha molto senso in sé: il senso ce l’ha se poi la decisione può essere concretizzata e avere effetto. E qui viene appunto l’impegno: noi decidiamo cose che per essere realizzate richiedono sempre un certo impegno, a volte di pochi, a volte di tanti o tutti, a volte un impegno intenso, breve o duraturo. Il mc ha come obiettivo quello di portare un gruppo a prendere delle decisioni intelligenti e creative con la migliore garanzia di essere poi realizzate. La qualità di una decisione non è data solo dal suo contenuto (che potrebbe essere pure geniale), ma anche e forse soprattutto dalla possibilità di essere ben eseguita e realizzata nonostante le difficoltà che tante volte sorgono (previste e impreviste). ALCUNE DOMANDE IMPORTANTI (e tentativi di risposta): Che succede se un singolo o una piccola minoranza non vuole stare da parte? Molto probabilmente se ne andrà, uscirà dal gruppo/rete. È un fatto naturale e non c’è nessun metodo che può evitare l’insorgere di questo evento. D’altro canto ciò rappresenta l’esercizio della libertà: fa parte delle regole del gioco uscire dal gioco (per farne un altro). Una buona capacità di gestire i conflitti consente nella migliore delle ipotesi di trasformare le naturali difficoltà e crisi in occasioni di crescita per tutti: anche le separazioni, se ben gestite, hanno grande valore. Che succede se le maggioranze mostrano di non tener conto delle minoranze? Molto probabilmente le minoranze se ne andranno, e forse avranno ragione. Il punto sta infatti nel ‘mostrare’ di tener conto delle differenze, di riconoscere le diversità, di voler trovare soluzioni che tengono conto dei bisogni di tutti. Ciò è assai impegnativo, e quando onestamente ci si prova allora le minoranze è difficile che si allontanino: la difficoltà di una minoranza sta soprattutto nel non sentirsi riconosciuta. Quando ci si sente riconosciuti aumenta la fiducia e dunque il consenso. Che spazio hanno le manovre di ricatto (se si fa/non si fa così, noi allora ce ne andiamo)? Queste situazioni in genere sono più legate a una incapacità di comunicare i propri bisogni, o di gestire le tensioni/emozioni/disagi che derivano dal confronto tra le diverse concezioni, idee, ecc. Oppure dipendono dal contesto stressante in cui le decisioni vengono prese. È importante prevenirle tramite una adeguata informazione e formazione (sul metodo di lavoro, i processi decisionali e la gestione dei conflitti) e soprattutto costruendo adeguati contesti di lavoro. Nel momento in cui emergono vanno opportunamente gestite (i facilitatori servono soprattutto in questi casi). Che vuol dire fiducia? Come faccio a fidarmi di chi non conosco (o peggio, di ‘chi’ conosco)? Fiducia vuol dire che accetto di stare dentro una relazione, un cammino, un progetto comune, perché me lo dicono sia il cuore sia la testa. Non è mai un fatto di puro calcolo; la fiducia si esprime con un ‘io credo’ e perciò contiene sempre un ché di indimostrabile. Parafrasando una famosa dichiarazione di Vaclav Havel direi che la fiducia “non è ottimismo, non è la convinzione che prima o poi si avrà successo, ma è la certezza che ciò che si sta facendo ha un senso.” La nonviolenza si fonda sulla forza della fede e coltiva le qualità dell’amicizia (stessa radice di amore): per questo il mc è strano, difficile, rivoluzionario, perché è il metodo della nonviolenza. Un metodo (decisionale, politico, formativo, educativo o quant’altro) che si richiamasse alla nonviolenza e non desse ampio e congruo spazio alla dimensione dell’amore e della fede/fiducia, mi domando, come potrebbe definirsi nonviolento? PER SAPERNE DI PIÙ’ Sul mc non c’è nessuna corrente pubblicazione in italiano (salvo alcuni libri che riportano i miei scritti sopracitati), solo vecchi testi fuori circolazione (“Addestramento alla nonviolenza” a cura di Alberto L’Abate, ed Satyagraha, è il più noto, che poi nelle parti relative al mc e all’azione diretta nonviolenta è stato ripubblicato all’interno del testo “Percorsi di formazione alla nonviolenza” , ed Pangea, anche questo però fuori circolazione!). Siccome quello che chiamiamo mc è in sostanza un metodo per gestire i problemi e i conflitti in modo creativo, è possibile trovare molte corrispondenze e strumenti utili nei testi che trattano questi temi, soprattutto i cosiddetti metodi win/win di Problem Solving, negoziazione e mediazione. In proposito suggerisco ‘Leader efficaci’, oppure ‘Insegnanti Efficaci’ di T. Gordon, ed La meridiana (in circolazione!).Tornando al mc, tradotto dalle PBI di Vicenza, c’è il testo di Butler e Rothstein, dal quale io ho preso alcuni importanti spunti per elaborare lo scritto il ‘mc in teoria’. Questo testo mi si può richiedere, oppure si può reperire sul sito di Eticamente http://web.tiscali.it/eticamente/biblioteca_documenti.htm Inoltre Butler e Rothstein curano uno speciale sito web dedicato al consenso http://www.consensus.net/ Per chi conosce l’inglese suggerisco di contattare le PBI di Vicenza anshanti@libero.it e di visitare il sito http://www.actupny.org/documents/CDdocuments/Consensus.html . Molto interessante infine è il cosiddetto metodo sociocratico, molto simile al nostro mc: vedi sito http://www.champlainvalleycohousing.org/sociocracy.html Altre cose si possono ovviamente trovare con i motori di ricerca usando la voce ‘metodo del consenso’ (dove si scopre, tra l’altro, il notevole lavoro teorico e pratico degli spagnoli) . 4 Roberto Tecchio - Via del Quadraro 64 00174 Roma - Tel: 06.76.96.30.43 e-mail: leporet@libero.it