DJ SPINNA: FUNKY TECHNICIAN di David Nerattini È uno dei produttori che hanno definito il suono dell’underground newyorchese della seconda metà degli anni novanta, anni in cui l’hip-hop si reinventava e rendeva tradizione le intuizioni della generazione dei Native Tongues. Il suo nome è DJ Spinna.   Sui suoi beat sono passati tutti i migliori mc, da J Live a Mr. Complex, dai De La Soul ad Eminem. Senza contare il suo Heavy Beats Vol.1 per la Rawkus e i suoi gruppi Jigmastas e Polyrhythm Addicts, tutti esempi del più solido hip-hop in circolazione negli ultimi anni. Ma Spinna è un musicista curioso e vuole andare oltre, lo si intuiva dai remix per gente come i 4 Hero, gli Zero 7 e Shaun Escoferry e lo conferma il suo nuovo disco uscito per la serie Beat Generation della BBE dal titolo Here To There. Un bel disco in cui il dj/produttore newyorchese fluttua piacevolmente fra rap, downtempo e jazz per arrivare alla house di estrazione nuyorica, tutti elementi trattati con stile e con quella personalità che ha sempre caratterizzato il suo suono. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e ci siamo fatti raccontare come procede la sua evoluzione. - Questo tuo  nuovo album mostra un DJ Spinna diverso da quello che siamo abituati a conoscere. Ci sono molti generi diversi e, in generale, sembra quasi che tu sia un po' annoiato dall' hip-hop... “Mmhh...credi si senta dalla produzione del disco...?” - Abbastanza, sento una grande voglia di allargare musicalmente gli orizzonti dal classico boom bap... “Beh, hai perfettamente ragione! (ride) Sono molto deluso dallo stato odierno del hip-hop più mainstream, certo ora è un business da milioni di dollari ma sembra un po' aver perso la sua anima.  Ho sentito quindi il bisogno di cambiare in qualche modo quello che faccio ed espanderlo di più verso la musicalità, innanzitutto lavorando con dei musicisti. Il mio collaboratore principale è Ticklah che suona gran parte delle tastiere del disco e con cui sto preparando un disco nuovo in duo. Praticamente mi sto spingendo verso una dimensione artistica come quella di Quincy Jones, sviluppando l’arte di mettere insieme dei musicisti in una stanza e organizzare la musica in base alle mie idee. Quello che cerco di fare è dare un sapore più organico alla musica che faccio, riscoprire il fascino degli strumenti veri. Qui in America alla radio ormai è difficile sentire suonare qualcuno veramente degli strumenti acustici, tantomeno mischiato ai campionamenti. Tutto ormai suona artificiale e io voglio tenere accesa la fiamma della vera musica. L'album è una specie di viaggio e non a caso si chiama Here To There ( da qui a li...), parte da quel suono hip-hop con cui la gente mi identifica e si evolve verso sonorità diverse che risentono di tutte le influenze che ho accumulato in questi anni”. - Come hai scelto i molti musicisti che animano Here to there? “Per la maggior parte era gente con cui avevo lavorato o fatto remix, i Soulive per esempio mi avevano contattato l’anno scorso per un remix ed invece siamo finiti a collaborare. Abbiamo fatto un sacco di session in studio e registrato almeno una decina di pezzi, quella finita sul disco è solo una delle tante cose che abbiamo fatto e loro hanno accettato che io la mettessi nel mio album. Sarebbe bello riuscire a pubblicarne un disco ma per ora non ne abbiamo ancora parlato bene, poi loro hanno una casa discografica e quindi non escludo che i brani possano essere deviati verso altri progetti. Poi c'è anche Vinja Mojica, lei è in giro da parecchio ma non ci sono molti suoi brani solisti in giro e volevo veramente averla sul disco. Il suo è stato il primo pezzo su cui ho cominciato a lavorare per l'album e anche l'ultimo che ho chiuso, lei ci ha messo un po' a scrivere e credo che sia un testo molto personale. Poi ci sono i rapper del mio giro, quelli della Beyond Real Crew come Shadowman, Akil e Kriminal, tutta gente a cui volevo dare un'opportunità per brillare anche su un disco come questo che avrà sicuramente più esposizione di quanto non ne abbiano i dischi underground che facciamo di solito." - Pensi di portare questo disco dal vivo? Sicuramente. Avrò una band che comprenderà alcuni dei musicisti che sono presenti sul disco e poi naturalmente gli mc della Beyond Real, sarà un live vario come il disco. -  Ascoltando il disco sembra che usi meno campionamenti... “Più di quelli che pensi. Ce ne sono in più di metà del disco ma sono usati in maniera molto live, con un sacco di roba suonata sopra che li trasporta in un contesto più organico. Nel brano con Angela Johnson (Glad You’re Mine ) per esempio c’è un campione di musica brasiliana, in quello con Vinja Mojica (Idols ) ce n’è uno di un disco di sonorizzazioni francese...” - Uno di Pat Metheny in You Got To Live... “Wow...esatto!” - A proposito, sul disco non ci sono campionamenti dichiarati, come te la cavi col clearance? “Innanzitutto taglio ormai i campionamenti in modo tale da renderli molto diversi dall’originale, ne conservo il suono ma difficilmente la frase musicale e quindi sono praticamente irriconoscibili. Poi io faccio dischi piuttosto underground che sono fuori dal radar degli avvocati, finché un disco non esce dalle poche migliaia di copie vendute non merita una causa e quindi per ora vado piuttosto tranquillo. Inoltre campiono dischi molto rari, devi proprio essere un beat digger serio per beccarli...” - Che campionatori utilizzi? “Principalmente MPC3000, i miei beat partono quasi sempre da li. Ha meno funzioni della 2000XL ma secondo me suona meglio. Chiaramente conservo ancora la mia SP1200 che uso quando voglio avere quel suono sporco tipico e anche il mio vecchio S950, li faccio lavorare insieme come in Fly Or Burn  sul nuovo disco. La SP è una macchina vecchia con pochissimi secondi di campionamento ma suona come nessun’altra, quei bei rullanti pesanti e sporchi vengono solo la dentro.” - Vallo a spiegare a tutti quei ragazzini col laptop da mille giga...Tu come te la cavi col computer? “Mentre registravo il disco ho imparato ad usare il Pro-Tools, era la prima volta che registravo così e ci ho fatto tutto. Ho registrato e missato sul computer e sono molto contento dei risultati, fino a l’estate scorsa lavoravo con gli Adat e, credimi, mi è cambiata la vita. Ho il controllo di tutto e posso editare a piacimento ma non escludo prima o poi di comprare una macchina analogica. Un bel multitraccia a bobine di quelli di una volta, devo solo cambiare casa...” - Come credi reagirà il pubblico odierno del hip hop ad un disco come il tuo? “Credo che il pubblico più maturo lo accetterà senza problemi. L’altro giorno ho fatto un’intervista con quelli di The Source, un giornale ormai piuttosto mainstream, e a loro per esempio è piaciuto. In generale credo che il mio disco sia comprensibile sopratutto a quelli che seguono l’hip-hop da anni e sono in cerca di qualcosa di nuovo, quelli che vogliono espandere il proprio gusto musicale. Se invece non puoi fare a meno di un beat pesante allora certi brani più jazz o il pezzo house probabilmente non ti piaceranno...” - Una scelta eclettica la tua confermata anche dal mix cd che hai fatto per la serie Mix The Vibe qualche mese fa, che alterna tue produzioni house con pezzi di gente come Mondo Grosso, Ananda Project, Mood II Swing e King Britt. “Quella è una bella serie della King Street di New York a cui hanno partecipato anche gente come Louie Vega, Danny Krivit, Frankie Feliciano e Joe Claussell, la crema dei dj newyorchesi. Il mio è diverso da tutti quelli della serie perché è una raccolta essenzialmente di roba downtempo, credo che quelli dell’etichetta volessero allargare il loro raggio d’azione che fino ad ora era essenzialmente indirizzato verso il pubblico della dance. Io probabilmente lo avrei fatto più spinto sulla house ma sono contento che mi abbiano indirizzato verso un territorio più vasto, avedo io un pubblico eterogeneo probabilmente quel disco finirà in mano anche ha gente che sente hip-hop aiutando quindi un pò ad abbattere le barriere fra i generi.” - Effettivamente fuori da N.Y. generi come la house e l’hip-hop si mischiano difficilmente in una serata... “Succede poco ormai anche a New York, eppure c’era un tempo in cui in una serata potevi ascoltare rap, downtempo e r’n’b all’inizio e poi dopo house e disco. Fino alla metà degli anni novanta le cose andavano così, era tutta musica dance e i generi crescevano a stretto contatto. Negli ultimi dieci anni invece si sono praticamente separati, eppure le radici da cui provengono sono le stesse. Se pensi ai primi classici dei Masters At Work, quelli su Cutting Records, li c’erano pezzi house con Jocelyn Brown accanto a roba hip-hop/reggae con Screechie Dan. I dischi di Kenny Dope o di Todd Terry lo stesso, io vengo da quel mondo. Sicuramente anche il fatto di essere di Brooklyn ha contribuito alla mia formazione, a N.Y. sei sempre esposto a tutti i generi di musica e la club scene è nata qui, se fai il dj non puoi non rimanerne influenzato.” - A quali delle tue produzioni sei più affezionato? “Sopratutto alle prime cose che ho prodotto, quando stavo dando forma al mio suono e alla mia carriera. Ad esempio il remix di Stakes Is High per i De La Soul, le cose che ho fatto con Mr. Complex, chiaramente i Polyrhythm Addicts. Poi tutto quello che ho fatto con J Live, Beyond Real dei Jigmastas... Uno dei remix a cui sono più affezionato è però quello che ho fatto di un brano di Michael Jackson del 1970 dal titolo We're Almost There, per farlo mi hanno consegnato il master originale e mettere le mani su quei nastri è stato davvero un'esperienza unica. Tutta roba di cui sono fiero ed orgoglioso, che suona bene e che rappresenta bene la mia prima fase di beatmaker. Più recentemente mi piace quello che ho fatto con Ronny Jordan e Mos Def (A Brighter Day ) e sopratutto Days Like This  e Space Rider di Shaun Escoferry, i dischi che mi hanno dato le maggiori soddisfazioni in carriera. Ironico che non si tratti di hip-hop ma questo fatto al momento mi permette di essere ancora più determinato nel fare dischi house, come ti dicevo sento il bisogno di allargare il mio vocabolario per non essere più solo quello del hip-hop underground e il successo che stanno avendo le mie produzioni differenti mi fa ben sperare.” - Quali sono i produttori e i musicisti che ti hanno maggiormente influenzato? “Per quello che riguarda l’hip-hop quasi tutti quelli che facevano beat fra l’88 ed il '93, gente come Pete Rock, De La Soul, Large Professor, Prince Paul, A Tribe Called Quest, anche i Public Enemy. Per la dance sicuramente i Masters At Work, Kerry Chandler e ultimamente sono innamorato dei Blaze, li seguo dall’inizio ma la roba che stanno facendo ora è veramente fantastica. Poi mi piace un sacco di roba vecchia di Chicago, gente come Larry Heard, Mr. Lee, Marshall Jefferson o i fratelli Burrell. Senza tirare fuori tutta la musica pre-beat come il soul, il funk e il jazz, su quello potrei farti nomi per tutto il giorno...” - E fra quelli di adesso chi ti piace? "Vado abbastanza a periodi, in questi ultimi tempi ad esempio mi piace molto il lavoro di Madlib. Lo seguo dai tempi delle prime cose dei Lootpack ma la roba che sta facendo adesso con Yesterday's New Quintet o come Quasimoto è incredibile. Mi piacciono le persone che sperimentano." - Hai lavorato con alcuni dei migliori mc in circolazione, c'è qualcuno che non hai prodotto con cui ti piacerebbe lavorare? "Mi piacerebbe lavorare con Common, il suo ultimo album mi fa impazzire e fare qualcosa con lui sarebbe splendido. Poi Black Thought è un'altro mc per cui ho molto rispetto, e naturalmente Rakim. Poi mi piacerebbe lavorare ancora con Pharoahe Monch, dovevamo fare qualcosa sul suo nuovo disco in uscita ma non ci siamo trovati con i tempi."